Gli Specchi dei migranti al Trieste Film Festival

Il 27 gennaio nell’ambito della rassegna la proiezione di corto e mediometraggi sul tema degli sconfinamenti
Di Elisa Grando

TRIESTE. Nel suo percorso sempre nevralgico tra i temi della convivenza e dello scambio tra culture, il Trieste Film Festival (20-28 gennaio) proporrà al pubblico anche i film realizzati da chi l'integrazione l'ha vissuta sulla sua pelle, giorno dopo giorno. Sono i cortometraggi del progetto Camera di Specchi, coordinato dal videomaker Ivan Bormann per l'associazione Drop Out, che verranno presentati il 27 gennaio al Teatro Miela alle 20. I quattro film sono diretti anche da giovani autori appartenenti alle minoranze nazionali, culturali ed etniche di qualsiasi tipo che hanno partecipato alla scorsa edizione del workshop Camera di Specchi sul tema "S-confini", guidati dal supervisore d'eccezione Alberto Fasulo, il regista di San Vito al Tagliamento che ha vinto la Festa del Cinema di Roma nel 2013 col docufilm "Tir". Sono corto e mediometraggi che declinano con sguardo personale il tema dello sconfinamento infilandosi in prima persona dove l'attualità si mischia con la realtà quotidiana dei migranti, dentro e fuori Trieste.

C'è "Melilla" di Otto Reuschel, un triestino che lavora a Berlino ma ha origini miste, che racconta l'enclave spagnola di Melilla in Marocco, separata dal resto del paese da un muro lungo 14 chilometri, dove centinaia di bambini marocchini fuggono da soli per sognare di saltare su una nave e costruirsi un nuovo futuro in Europa. C'è poi un film che esplora i lati meno conosciuti dell'integrazione a Trieste diretto da Pablo Molano, colombiano sposato con una triestina e papà di tre figli, che ci porta non solo nella comunità degli immigrati colombiani, integratissimi ma non dimentichi degli inizi difficili in Italia, ma anche nel percorso da Foggia a Trieste di una famiglia di rifugiati che oggi è proprietaria di un negozio di cibo indiano in Borgo Teresiano. In programma anche il corto di Giovanni Ortolani sulla realtà intrinsecamente multiculturale dell'Ictp, il Centro Internazionale di Fisica Teorica fondato da Abdus Salam e il curioso "La pizzeria" di Massimiliano Milic, su un ristorante cittadino in cui lavorano fianco a fianco "s/confinati" di natura diversa, dall'esule istriano all'immigrato del Sud Italia, che covano pregiudizi ma poi nella quotidianità sviluppano di fatto una socialità integrata.

«Il primo progetto di Camera di Specchi era specificatamente dedicato a giovani legati alle minoranze nazionali, culturali ed etniche», spiega Bormann. «Poi abbiamo pensato che per favorire un vero confronto dovevamo aprirlo ai giovani immigrati di seconda generazione, fino ad aprirlo a tutti nella scorsa edizione, ma sempre con un occhio di riguardo ai giovani che hanno radice in una minoranza storica o di nuova immigrazione». La prossima edizione, con una quindicina di posti disponibili, sarà lanciata sempre in concomitanza con il Trieste Film Festival, in partnership con Alpe Adria Cinema ed in collaborazione con Scuola di Musica 55 Casa della Musica, e sarà dedicata alla creazione di una colonna sonora su un documentario corto realizzato proprio da uno dei ragazzi della scorsa edizione.

Tra i docenti del workshop ci sarà il compositore pordenonese Teho Teardo, uno degli autori più apprezzati dal cinema italiano, che ha composto colonne sonore per registi come Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Daniele Vicari. «Drop Out è un'associazione di promozione sociale che fa produzione e soprattutto percorsi di formazione: la caratteristica è utilizzare cinema e video con una funzione di integrazione e sviluppo della comunità. Per esempio usiamo tecniche di video partecipativo: nelle scorse edizioni abbiamo realizzato produzioni collettive in cui la scrittura veniva da lavori di gruppo. Il nostro obiettivo è diventare un laboratorio permanente di primo accesso a chi sperimenta l'audiovisivo per promuovere socialità e benessere».

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