I cinquant’anni di “Django”, western cult di Corbucci

«Mio marito, Sergio Corbucci, ha girato Django per amicizia. C'erano pochi soldi, ma tante idee e sono tutte rimaste fino a oggi, dalla bara trascinata fino alla mitragliatrice. Del resto lui era...
«Mio marito, Sergio Corbucci, ha girato Django per amicizia. C'erano pochi soldi, ma tante idee e sono tutte rimaste fino a oggi, dalla bara trascinata fino alla mitragliatrice. Del resto lui era avanti». È questo il segreto di 'Django’, western cult che ha tagliato il mezzo secolo dall'uscita in sala e che ha ispirato anche Quentin Tarantino, secondo Nori Corbucci, per più di quarant'anni e 50 film compagna del regista che ha diretto anche Totò, Mastroianni, Celentano e tanti altri. «Franco Rossellini, nipote di Roberto, un amico personale, lo pregò perché, assieme a Manolo Bolognini, voleva realizzare un filmetto da pochi soldi - così racconta Nori Corbucci - gli dissero che sarebbe stato più conosciuto se ci fosse stato il suo nome. Sergio accettò, ma si svegliava la notte sudato e diceva ma guarda che cosa mi tocca fare per amicizia!». Una pellicola con oltre 80 uccisioni in un'ora e mezzo. «All'epoca sembrava un film cruento e ha anticipato anche quello: Tarantino poi ci ha dato dentro con il sangue, mio marito però ci metteva ancora più ironia, anche più di Quentin». Fu scritto e girato in poche settimane. «Cotto e mangiato, tra Spagna e Italia - conferma la signora Corbucci - a guardare bene ci sono dettagli 'arronzati’, ma non toglie nulla. Delle volte i film più poveri vengono meglio e nessuno sa perché, Pasolini lo vide perfino nello Yemen».


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