I Longobardi tormentato cammino dalle tribù al regno

La storiografia ufficiale italiana, specie quella risorgimentale, ha sempre sottovalutato l’importanza della storia dei Longobardi. Eppure questo popolo dimostrò una forte duttilità nell’integrarsi...

La storiografia ufficiale italiana, specie quella risorgimentale, ha sempre sottovalutato l’importanza della storia dei Longobardi. Eppure questo popolo dimostrò una forte duttilità nell’integrarsi nel complesso scacchiere italico tanto da regnarvi per quasi duecento anni. Oggi, in edicola con Il Piccolo, è possibile acquistare il volume “I longobardi” dello storico e studioso Nicola Bergamo (Leg, euro 9,90 più il prezzo del quotidiano), un saggio prezioso per addentrarci nelle vicende di questo popolo.

Quello che più risalta a livello geopolitico è l’incapacità da parte dei Longobardi di unificare gli ampi territori della penisola sotto un unico scettro, come invece era avvenuto durante il governo del più blasonato re goto Teoderico. Non vi riuscirono completamente, ma vi tentarono. I Longobardi non erano gli unici protagonisti della scena politica italica: altre forze stavano nascendo, mentre altre erano in declino, ma comunque presenti.

Il celebre passo riportato da Paolo Diacono, «Usque hic erunt Langobardorum fines» annunciato da Autari una volta giunto in Calabria, dimostra quanto fosse importante e sincera la volontà politica da parte dei sovrani Longobardi di unificare tutta la penisola sotto un’unica corona. I rapporti, però, spesso conflittuali, sia con Bisanzio sia specialmente con il Papa, impedirono tutto questo e addirittura si rivelarono così insidiosi da portare alla definitiva caduta dello stesso regno per mano del nuovo imperatore d’Occidente Carlo Magno, nel 774. Il regno longobardo fu secondo molti storici la vera novità del panorama italico di quel periodo, tanto che furono proprio le Völkerwanderungen a catapultare la nostra penisola nel medioevo. Con l’arrivo dei Longobardi si spense ogni velleità bizantina sul mantenimento della provincia italica e, allo stesso tempo, con l’istituzione dell’esarcato, si tentò di contenere l’espansione barbarica. La lotta tra Longobardi e Bizantini fu aspra, specialmente all’inizio della migrazione, e portò a violenti scontri spesso a favore dei primi. I dieci anni conosciuti come “l’anarchia dei duchi” furono caratterizzati da morte e distruzione; le fonti parlano chiaro e la brutalità dei Longobardi divenne tristemente famosa. Appena qualche anno più tardi i Longobardi trovarono una propria nuova identità tanto da evolversi in una monarchia simile alle altre romano-barbariche sviluppatesi Oltralpe. I Bizantini pensarono di riuscire a recuperare in tempi brevi l’intera area invasa. Invece il regno longobardo riuscì a decollare, tanto da istituire una solida realtà istituzionale e un saldo organismo territoriale attraverso un lungo ma costante percorso di riunificazione di tutte le tribù che avevano partecipato alla conquista della nostra penisola. Questo processo si rese concreto durante il regno di Agilulfo quando si istituì per la prima volta una corte regia, lo stesso re utilizzò il cerimoniale bizantino e fu incoronato re dei Longobardi nel circo di Milano. Da questa data in poi, il regno si espanse a danno dei territori imperiali, conquistati lentamente ma inesorabilmente. Uno strano gioco del destino fece sì che, qualche tempo dopo la conquista dell’ambitissima Ravenna, capitale esarcale e centro bizantino di primaria importanza in Italia, si giungesse pure alla fine dello stesso regno longobardo. Ravenna cadde per mano di Astolfo il 4 luglio del 751, il regno longobardo cessò di esistere ventitré anni dopo, conquistato dall’astro nascente di Carlo Magno.

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