I “nameless” e i danni psicologici dell’italianizzazione dei cognomi
Spitz è il cognome, di origine austriaca, che il triestino Marco Pizzi, classe 1964, avrebbe oggi se, in epoca fascista, una legge non avesse decretato quella che è nota come “l’italianizzazione dei...

Spitz è il cognome, di origine austriaca, che il triestino Marco Pizzi, classe 1964, avrebbe oggi se, in epoca fascista, una legge non avesse decretato quella che è nota come “l’italianizzazione dei cognomi“. Un provvedimento nelle cui maglie incappò appunto anche il cognome dei suoi avi. Questo fenomeno ha riguardato in modo più evidente un territorio, come quello giuliano, che nei primi decenni del secolo scorso aveva spiccate caratterische di multietnicità.
Alla questione, Pizzi ha dedicato un libro in cui affronta il tema in qualità di psicologo-psicoterapeuta sistemico familiare trigenerazionale. Mutuando dei modelli da questo approccio, insieme a riflessioni di psicologia sociale, Pizzi propone una propria tesi che mira a indagare le conseguenze che potrebbero avere subito le popolazioni della Venezia Giulia a causa dell’alienazione del loro cognome originario. “
Nameless” – I danni psicologici causati dal
l’italianizzazione dei cognomi“ (184 pagg., 14,90 euro, Europa Edizioni)
, sarà presentato venerdì 16 giugno alle 18.30 al Caffè libreria San Marco. «A livello mondiale – spiega Pizzi – nella letteratura scientifica non esistono ricerche specifiche sulla perdita del cognome. La mia è una ricerca, non empirica, il cui passo successivo dovrebbe essere creare e produrre dei questionari per identificare e quantificare il danno psicologico dei “nameless”».
Pizzi, nel novembre 2016 ha intanto partecipato come relatore alla nona sessione del “Forum on Minority Issues-Minorities in situations of humanitarian crises” al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra, in qualità di direttore per le Human Rights della Triest-NGO, presentando il problema dei Nameless. L’autore, che è anche uno psicologo forense, nel volume ripercorre alcune tappe legislative. «La legge italiana riconosce un diritto al ripristino del cognome originario, ma lasciando ogni onere burocratico e di documentazione al singolo richiedente. La legge prevede infatti che sia sua cura il dimostrare il proprio diritto di riottenere il cognome, reperendo la documentazione necessaria ad attestarne la veridicità, ma in molti casi i documenti che possono comprovarla sono andati perduti nel tempo».
Annalisa Perini
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video