I post di Facebook diventano “portolano” nel viaggio interiore di Cristina Bonadei

Nel volume con le prefazioni di Claudio Magris e Moni Ovadia brevi racconti e riflessioni tra pandemia e intimi affetti
Corrado Premuda
Serene woman with tranquil thoughts
Serene woman with tranquil thoughts



Se una persona sa scrivere e ha delle buone idee, se è curiosa e ama la discussione, dovrebbe frequentare Facebook. Il primo dei social network ad attrarre milioni di utenti, quello che ha rivoluzionato il mondo della comunicazione online e che continua a reggere malgrado la concorrenza spietata. Ormai i suoi servizi sono numerosi e diversificati, dal sistema di messaggistica al canale video, ma la funzione principale rimane la scrittura ed è su questo tasto che la creatura di Mark Zuckerberg andrebbe tenuta accesa.

Alcuni “amici” meritano più attenzione di altri, vuoi perché possiedono il talento di trasformare ogni post in una pagina di diario che si apre ai lettori in maniera intelligente e raffinata, vuoi perché sono dotati di un lucido spirito di osservazione con cui analizzano e commentano la realtà. Tra questi rientra di diritto la giornalista Cristina Bonadei che, dopo aver battuto sulla tastiera del computer centinaia di post e aver acceso piccoli e grandi dibattiti, ha pensato bene di trasferire sulla carta la sua feconda attività nata per Facebook. Ne è nato il libretto “Portolano. Breviario di parole naviganti” (Circolo culturale Menocchio, pp. 110, euro 10), con prefazioni di Claudio Magris e Moni Ovadia, che raccoglie osservazioni, pensieri e considerazioni insieme a brevi storie, appunti e pennellate variopinte sul mondo che ruota intorno all’autrice. Naturalmente echeggia la rivoluzione imposta dalla pandemia da Covid-19 perché il distanziamento sociale, che in molti ha riscaldato la volontà di introspezione, è un po’ come “vivere alla periferia di noi stessi”. La comfort zone della lunga pausa acutizza l’analisi e presenta episodi e personaggi immortalati durante gli interminabili giorni della paralisi totale: c'è la generosità della fioraia che regala ciò che durante il lockdown non può vendere, c'è il motto di spirito “Dura lex sed Lexotan” con il provocatorio invito a coltivare piantagioni di cannabis sui balconi, tra un rave patriottico e l’altro, per evitare ulteriori danni psicologici, c'è l'amarezza di un Natale trascorso isolati e in molti casi da soli. Frammenti di vita ritornano pensando ai diversi spazi abitati e all'abitudine di osservare, dalla finestra di una casa precedente, i movimenti sempre uguali di un anziano dirimpettaio, quotidianamente interessato allo spettacolo dei passanti affaccendati giù in basso nella strada, o le azioni di altri sconosciuti personaggi che racchiudono tesori per chi li sa guardare con gli occhi giusti.

Ma c’è spazio anche per gli affetti: dal ricordo delle carezze sulla testa date dalla nonna, che racchiudono il sapore antico e autentico dei rapporti familiari, allo sradicamento del nonno che lascia il Quarnero per un campo profughi a Venezia e vede passare la Storia del Novecento sulla propria casa trasformata in un ristorante pronto ad accogliere i turisti delle coste adriatiche, fino alle avventure passate insieme agli animali domestici, diventati parte effettiva del nucleo parentale. Le righe più intense sono quelle intime, quelle in cui Bonadei mette a nudo la sua vita e racconta senza pudori, ad esempio, del tempo passato in cui niente aveva un senso per lei: «In questi momenti dove si ha troppo tempo di pensare, rintanarsi nella periferia di noi stessi, lontano dall’ossessione di ciò che è o sarà, a me fa bene».

Ed è un invito per chi legge a far tesoro della solitudine e del dialogo con se stessi, a saper scavare anche nel dolore una chiave per tentare di aprire qualche porta in più, specialmente se chi legge è spaventato e disorientato da un virus invisibile e misterioso e cerca possibili finestre di condivisione affacciandosi al cortile di Facebook.

Il libro verrà presentato dall’autrice insieme a Moni Ovadia domani alle 18.30 al Caffè San Marco, con le letture di Sara Alzetta. —

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