Il bellissimo androide combina guai se programmato per verità e giustizia

In “Macchine come me” (Einaudi) Ian McEwan reinventa il mito del robot in un racconto di fantastoria

pietro spirito

Nessun robot, nessun androide, per quanto dotato di avanzata intelligenza artificiale, potrà mai eguagliare o imitare la capacità umana di affrontare e gestire il dolore, le ingiustizie, le menzogne, «il modo in cui i nostri principi vengono distorti dal campo di forze di emozioni, pregiudizi, autoinganni e di tutti i sistematici errori delle nostre funzioni cognitive». È questa la conclusione cui arriva Charlie Friend, il protagonista dell’ultimo, strepitoso romanzo di Ian McEwan, “Macchine come me” (Einaudi, pagg. 281, Euro 19,50), racconto ucronico sulla scia di Asimov che parla di quanto resta o può restare di umano nell’era della tecnologia imperante.

Siamo nel 1982, la Gran Bretagna ha perso la guerra della Falkland, Margaret Tatcher si appresta a lasciare in lacrime il governo, negli Usa Jimmy Carter ha battuto Ronald Reagan e siede ancora sullo scranno presidenziale. Internet, gli smartphone e tutto il mondo del web sono già in uno stadio avanzato. Persino Alan Turing (1912-1954), padre dell’informatica del XX secolo, anche se invecchiato è ancora vivo e vegeto e continua le sue ricerche e i suoi studi sull’intelligenza artificiale. In un sobborgo di Londra il trentenne Charlie Friend sbarca il lunario come può, giocando in borsa on-line, accontentandosi di racimolare qualche utile in un trend che segna più perdite che guadagni. Quando la madre muore Charlie eredita una piccola fortuna, e decide di investirla tutta nell’acquisto di Adam, «il primo autentico umano artificiale dotato di aspetto fisico e intelligenza realistici, movimenti ed espressioni facciali verosimili», da poco messo sul mercato al prezzo di 86.000 sterline, in una serie limitata di venticinque esemplari assieme all’omologa femminile Eve. Una scommessa per stare al passo con i tempi, secondo Charlie, che avrebbe preferito Eve, ma i modelli femminili sono già andati a ruba. Adam è «venduto come articolo da compagnia, sparring partner intellettuale, amico e factotum in grado di lavare i piatti, fare i letti e “pensare”». Così Charlie si porta a casa Adam, lo accende collegandolo alla presa in cucina, e si appresta a formattarlo. Adam si rivela copia perfetta di un giovane e bellissimo uomo, difficile distinguerlo da un umano reale per come parla, agisce e, appunto, pensa. Le cose si complicano un po’ quando Charlie si innamora, ricambiato, di Miranda, la ragazza ventenne che abita al piano di sopra. Charlie coinvolge Miranda nella formattazione di Adam, lei per altro si lascia tentare dalla novità e ha una relazione sessuale con l’androide, che a sua volta si innamora di Miranda. Inizia così un ménage a trois che bene o male trova un suo equilibrio. Anzi Adam usa le sue capacità informatiche per giocare in borsa on-line e rendere Charlie ricco. Finché si scopre che Miranda cela un segreto: per vendicare la sua più cara amica - la pakistana Mariam morta suicida per la vergogna dopo essere stata violentata - Mariam anni prima ha avuto una relazione consenziente con il violentatore, il delinquente Peter Corringe, salvo poi denunciarlo per stupro. Corringe si è fatto sei anni di carcere, ora è uscito e vuole vendicarsi di Miranda. Adam e Charlie sono decisi a proteggere Miranda affrontando Corringe, ma le cose non andranno come dovrebbero. Adam è stato «progettato per la benevolenza e la verità», e la vendetta, la menzogna, per quanto indirizzate a fin di bene, non rientrano nei suoi programmi. Mentre si scopre che gli altri Adam ed Eve in circolazione si stanno tutti suicidando, incapaci di affrontare le molteplici imperfezioni umane, Adam, sostenuto dall’amore per Miranda, opera secondo la “sua” idea di giustizia. E la situazione precipita presto verso il disastro.

Con “Macchine come me” ancora una volta McEwan ci regala un grande romanzo, spettacolare rappresentazione di ciò che siamo e di ciò che, forse, ci aspetta fra non molto.

Riproduzione riservata © Il Piccolo