Il cavallo rampante di Marini in dialogo coi cavallini di Mušič

Potente bronzo del 1939 firmato dallo scultore toscano sino al 24 dicembre nell’esposizione con opere di Picasso, de Chirico, Nathan, Carrà, Mascherini



Un piccolo museo nel cuore di Trieste: è la Galleria Torbandena, fondata nel 1964 e diretta dal 1977 da Andy e Alessandro Rosada nell’ottica di promuovere la più qualificata arte moderna internazionale con l’apporto, dal 2011, di un nuovo, scenografico spazio espositivo, la Torbandena Projects, 300 metri su due piani in via San Nicolò 11, dedicati al contemporaneo e aperti su appuntamento, che si affiancano alla sede storica di via di Tor Bandena 1.

Proprio qui, fino al 24 dicembre, si può visitare una selezione di importanti opere provenienti da prestigiose collezioni private: a partire da un Boccioni del 1909, appartenente a una serie di piccoli, rarissimi pastelli, che presentano ancora un ritmo divisionista, anche se già allora si stava palesando nel grande pittore romagnolo qualche guizzo dinamico di matrice futurista. Tant’è che l’anno seguente l’artista avrebbe firmato con Russolo, Balla, Severini e Carrà il primo manifesto del movimento. E, non a caso, un rarissimo paesaggio a olio di Carrà del 1924, di sapore quasi cubista, sottilmente poetico e molto rappresentativo del suo periodo trascendente, proveniente dalla collezione di Emilio Jesi, uno dei più importanti collezionisti italiani del secolo scorso, è presente in galleria tra altri lavori molto significativi di pittori e scultori che hanno fatto grande il Novecento.

Tra questi, un de Chirico del ’29, “La quadriga rovesciata”, replica (commissionatagli da Paul Guillaume, collezionista di Modigliani) dell’ultima parte di “Corsa di quadrighe”, importante olio su tela lungo quasi 3 metri, oggi alla Pinacoteca di Brera. Faceva parte di un complesso decorativo sui gladiatori, realizzato da de Chirico per la sala da pranzo principale della casa di Léonce Rosemberg, raffinato titolare della Galerie de L’Effort Moderne di Parigi – dove esponevano Legér, Mondrian, Braque, Picabia e Picasso –, poi travolto dal crollo di Wall Street del ’29.

Un mondo, quello parigino successivo al primo conflitto mondiale, presente alla Torbandena anche con un plastico disegno a inchiostro di Picasso del ’31, di sapore mediterraneo, raffigurante due scultori e una modella e acquistato da Jesi negli anni Quaranta alla prestigiosissima Galleria Rosengart di Lucerna.

Ma l’autentico coup de théâtre lo incontriamo al piano superiore con un potente cavallo rampante del grande Marino Marini del ’39: bronzo parietale di notevoli dimensioni che irradia in tutto lo spazio circostante la vitale e nel contempo atarassica energia espressa dalle “creature” dello scultore toscano, sospese tra il fascino di un linguaggio arcaico e l’essenziale sentire della modernità.

Una capacità di dominare la linea e la forma presenti anche in due sue opere su carta che “incorniciano” il cavallo accanto alle molteplici versioni dei cavallini di Mušič, tra cui I cavalli che vanno via, un Motivo dalmata del ’51 e il capolavoro Le donne che vanno al mercato del ’49. Accanto, una luminosa Venezia del periodo immediatamente postbellico, in cui l’artista cercava di ritornare alla vita e alla luce dopo Dachau.

Di Henry Moore compare un disegno bifacciale del ’42, in cui vengono sintetizzati gli schizzi per le sue sculture più significative come per esempio la maternità: una tecnica mista del suo periodo più importante, quando Londra era bombardata dai tedeschi e lo scultore disegnava con tratto rapido e intenso quelli che chiamava “I sopravvissuti”, cioè i londinesi che scappavano nelle metropolitane per evitare la carneficina. Accanto a una gouache di Mirò del ’35, premessa al ciclo delle Costellazioni, di grande appeal e pregio e a un’incantevole, poco nota “Costa con rovine” di Arturo Nathan, sono esposti uno dei capolavori informali di Edo Murtić (1962), il più importante pittore croato del ’900, di cui il prossimo anno ricorre il centenario della nascita, un dipinto di Hans Hofmann, maestro di Pollock e di de Kooning, considerato uno dei capiscuola della pittura arrabbiata testimoniata dall’espressionismo astratto, e un raro, graffiante disegno di George Grosz. Infine tre sculture di Marcello Mascherini – la Triestina e la Gazzella nera del 1961, appartenenti, con Cassandra, al periodo felicemente maturo dell’artista – intercettano e concludono, quasi come in una danza, lo spazio.

La mostra è visitabile mercoledì, giovedì e venerdì dalle 16 alle 19.30, sabato dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 19.30. –

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