Il medico racconta gli ultimi giorni di Massimiliano

Mgs Press ripubblica le memorie di Samuel von Basch che assisteva l’imperatore. Venerdì la presentazione a Trieste
Gli ultimi giorni di Massimiliano d’Asburgo vengono raccontati da chi vi ha assistito in prima fila:
Samuel von Basch
, medico, che ha condiviso con l’arciduca la tragica avventura imperiale in Messico.


Basch, nato nel ghetto di Praga, dopo la laurea a Vienna, diventa medico militare a Puebla: è l’occasione che lo fa incontrare con l’imperatore e diventare suo medico personale. Basch è conscio di essere testimone di eventi memorabili e scrive: “Mi sono prefisso di fornire una fonte autentica per la storia degli ultimi dieci mesi dell’impero e di rettificare le opinioni erronee riguardo parecchi momenti essenziali di questa storia. Le azioni dell’infelice principe, alla cui memoria sono dedicate queste pagine, richiedevano una narrazione anzitutto fedele, e io non potevo adempiere al mio compito di servire l’imperatore in modo migliore che ponendo in piena luce i suoi sentimenti e i suoi pensieri”.


Un impegno difficile, perché nei concitati ultimi giorni Basch perde alcuni quaderni, ma ha abbastanza materiale da lasciarci un’opera riccamente documentata. Il libro, che esce nel 1868, a poco più di un anno dalla fucilazione dell’Imperatore, sarà tradotto in italiano quasi subito da Augusto Nomis di Cossilla, il quale riteneva che “potesse pure essere letto con piacere” per la ottima memoria di sé che Massimiliano aveva lasciato come governatore del Lombardo Veneto nel 1857-1859. E da cui fu rimosso dal fratello Francesco Giuseppe per il suo liberalismo.


L’opera di Nomis di Cossilla, politico piemontese con il pallino delle traduzioni dal tedesco, risente ovviamente dei suoi quasi 150 anni per cui è stato eseguito dalla curatrice del volume, Cinzia Benussi, un egregio lavoro di svecchiamento e sfrondamento del testo che rende la lettura estremamente piacevole.
“Gli ultimi dieci mesi di Massimiliano. I ricordi del suo medico”
di Samuel von Basch è edito da
Mgs Press Trieste (310 pagine, 22 euro)
. Il libro sarà presentato venerdì, alle 18, alla
Libreria Minerva
di via san Nicolò 20, dal giornalista e scrittore
Alessandro Marzo Magno
.


Dallo scritto emerge l’ammirazione del medico per l’Imperatore, ma senza piaggeria o servilismo, anzi Basch è critico su alcune scelte dell’imperatore, su alcune indecisioni, ma capisce che Massimiliano è vittima di una serie di traditori: il primo sotto accusa è Napoleone III che ha indotto Massimiliano all’avventura messicana rassicurandolo sulla volontà della popolazione di avere un imperatore. In realtà sono i clericali, i terratenientes e i conservatori a volerlo sul trono per riconquistare i loro privilegi e le loro proprietà confiscate dai governi liberali; e Napoleone stesso per farsi pagare dei debiti che il Messico aveva contratto con Parigi (e anche con Londra e Madrid, che però avevano trovato un accordo). Anche se va detto che nell’accettare la corona avvelenata Massimiliano si era lasciato guidare dalla frustrazione per il trattamento subìto dal fratello nel Lombardo Veneto, non aveva cercato informazioni sicure sul lontano Paese che andava a guidare e si era fidato. Von Basch racconta poi tutte le volte che i conservatori boicottano i propositi di pacificazione, le aperture ai liberali, il mantenimento delle riforme sociali (come l’istruzione obbligatoria) che Massimiliano non vuole abolire perché non vuole peggiorare le condizioni di vita della popolazione e inasprire il conflitto. I conservatori gli affiancano padre Agustin Fischer, gesuita prussiano dal passato tumultuoso, che acquista una certa influenza su di lui. Fischer non piace a van Basch, che gli riconosce soltanto “l’onestà nel difendere gli interessi dei conservatori e della Chiesa”; dalla quale, peraltro, Massimiliano non vuole farsi condizionare: “La religione – dichiara - è una questione di coscienza dell’individuo, e quanto più il governo si tiene fuori dalle cose di religione, tanto meglio soddisfa al proprio compito”. Ma i vescovi messicani non la pensano così e tanto meno il Papa IX che non muoverà un dito per salvarlo dal patibolo.


Infine i traditori che von Basch detesta maggiormente sono il maresciallo François Achille Bazaine che “si credeva lui l’imperatore” e i generali messicani. Bazaine si macchia di ogni bassezza quando Napoleone decide di ritirare il contingente francese dal Messico: vende i mobili del palazzo che gli era stato assegnato dal governo, butta a mare le polveri, gli affusti dei cannoni, seppellisce le granate e, forse, su questo von Basch non è certo, forse vende le armi ai nemici.


Von Basch non risparmia i politici locali: “I partiti in Messico – sottolinea - nascono per ragioni di opportunità, e in nessun luogo come qui si vede l’agitazione politica accoppiata al più bieco egoismo; da ciò deriva che in nessun altro Paese al mondo si vedono tanti rinnegati e tanti voltagabbana”.


In questo marasma Massimiliano vede la guerra civile estendersi, francesi e i nordamericani trattare alle sue spalle e, ulteriore mazzata, apprende la notizia della malattia di Carlotta. Decide di abdicare e andarsene: “Non voglio che si versi più sangue nel Paese per causa mia”. Parte da Città del Messico per imbarcarsi a Veracruz. Si preoccupa che sia assicurata la salvezza alla truppa austro-belga che l’ha seguito, salda i debiti e assicura di non volersi occupare più di politica ma di voler viaggiare. Nei momenti di sosta, disegna i giardini di Miramar e Lacroma. Penserà spesso a Miramar in questi tormentati ultimi dieci mesi di vita. Sta male: è tormentato dalle febbri, non vuol vedere nessuno e von Basch presidia la stanza. Ma i conservatori, che con la sua partenza sanno di perdere tutto, insorgono e riescono a convincerlo, anche mentendo su forze militari e finanziamenti, a rimanere. L’artefice è il generale Marquez, che von Basch considera il principale responsabile della fine dell’imperatore. Gioca a favore di Marquez l’orgoglio di Massimiliano, che l’ambizione della moglie e le lettere della madre hanno nutrito: decide di restare, però pone la condizione che sia indetta un’assemblea nazionale con tutte le forze politiche per giungere alla pacificazione.


Massimiliano riprende interesse e vigore. Lo inducono a tornare nella capitale e da qui a spostarsi a Queretaro riorganizzando l’esercito. Anche questa volta mentono, promettendo truppe e danari ma lui ha poche migliaia di uomini e le tasche vuote. Eppure per settanta giorni fronteggia l’esercito juarista dieci volte superiore e non si arrenderebbe se non venisse tradito dal colonnello Miguel Lopez. Quando torna, prigioniero, ai suoi alloggi von Basch va a trovarlo: “Aprii la porta e rimasi un momento quasi impietrito sulla soglia. L’imperatore mi vide, mi venne incontro e mi abbracciò piangendo”. E’ l’unico segno di cedimento, poi si rassegnerà alla sua sorte. Von Basch racconta di un piano di fuga, ma Massimiliano gli confesserà di non averci mai seriamente pensato e scrive al nemico Jarez di andare “di buon animo incontro alla perdita della vita, se questo mio sacrificio gioverà alla pace e alla prosperità della mia nuova patria. Profondamente persuaso, però, che nulla di durevole potrà mai fondarsi su una terra impregnata di sangue, vi scongiuro nel modo più solenne che il mio sangue sia l’ultimo che si sparga e che vogliate consacrare quella perseveranza che vi condusse alla vittoria, e che ho saputo apprezzare in voi, al nobile scopo di conciliare gli animi e di procurare a questo Paese disgraziato pace e tranquillità”.


Von Basch, che si occuperà anche delle spoglie di Massimiliano e, tornato in patria, percorrerà una luminosa carriera accademica inventandosi pure lo strumento di misurazione della pressione sanguigna che usiamo ancor oggi.


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