Il mondo pulito di Siza, l’architetto con la matita

In architettura, c'è ancora chi fa del disegno a mano libera il mezzo principale di comunicazione: tra questi, rara avis, il portoghese Álvaro Siza (Vieira á Matosinhos 1933), architetto e urbanista di fama internazionale, che ha meritato nel '92 il prestigioso premio Pritzker (il Nobel dell'architettura) e nel 2012, dalla Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, il Leone d'Oro alla Carriera.
Il suo disegno è degno di un virtuoso, la mano scorre felice appuntando le reminescenze del passato, per poi progettare, interpretandole, nuove edificazioni e oggetti. Com'è accaduto per esempio per il quartiere di San Victor a Porto (1974-77) e per il piano di espansione della città di Evora (1977-85), nei quali i contenuti di essenziale, sobria e armonica impronta razionalista e le tradizioni dell'abitare locale s'intrecciano per comporre nuove visioni e realtà urbane di grande intensità.
A Siza il Mart di Rovereto, opera del ticinese Mario Botta, dedica un'ampia selezione di progetti, approfonditi attraverso un ricco apparato di disegni, plastici, fotografie e oggetti di design, tra cui numerose seggiole, maniglie, tavoli e lampade di originale e moderna eleganza.
“Inside the human being” è il titolo della rassegna, che riassume l'intensa attività di questo indiscusso maestro dell'architettura contemporanea, nei cui tratti si rincorrono tracce e memorie di un dialogo ininterrotto con la tradizione novecentesca: non un'architettura di rottura dunque, bensì, al contrario, un'interpretazione attuale del concetto di abitare all'interno di spazi semplici, scanditi secondo un ordine rigoroso ma non noioso, in cui la ripetitività viene interrotta e vivificata da uno o più dettagli fuori dal coro, spesso sorprendenti. Altrettanto accade per il design, in cui la fantasia dell'architetto offre un'opzione in più per vivere le consuetudini e il quotidiano con levità, consci della tradizione, in un presente a misura d'uomo ed ergonomico, volto al futuro.
«Trasformare lo spazio allo stesso modo in cui trasformiamo noi stessi… la natura come dimora dell'uomo e l'uomo come creatore della natura...»: così Siza racconta il proprio modo d'intendere il mestiere dell'architetto, concepito come una "professione poetica" dedicata alla progettazione di spazi per la vita dell'uomo nella natura. In tal modo, oltre che in Portogallo, ha ideato il Block 121 "Bonjour tristesse" di edilizia popolare a Berlino e all'Aya; poi altri progetti e "ricostruzioni" a Seul, Salemi, Lecce, ispirando intere generazioni di architetti che, attraverso lo studio e l'interpretazione del suo pensiero, hanno rinnovato il rapporto tra le spinte internazionaliste dell'avanguardia moderna e la continuità con le tradizioni costruttive locali.
In mostra l'itinerario artistico di Siza parte dalle vicende storiche del suo paese, il Portogallo, uscito da una lunga dittatura. Radicato nella tradizione del luogo d'origine, ha pazientemente lavorato sul rapporto con la misura umana e con il paesaggio, alla ricerca di un linguaggio architettonico di grande coerenza e autorevolezza internazionale, progettando edilizia popolare in varie parti del mondo, abitazioni e scuole; importanti centri culturali e musei in Sud America e in Asia; in Italia, studi urbanistici e progetti di architettura e restauro, alcune stazioni della metropolitana di Napoli e il restauro del Palazzo Donnaregina, sede del Museo Madre. Per lui l'architetto è soprattutto un “detective”, che analizza per ricreare: una professione ad alto rischio e ogni progetto è come fosse l'ultimo della sua vita.
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