Il romanzo d’esordio di Tumiati: «Mia madre, Luisella Fiumi»
La giornalista rievoca nel libro “Un’allegria di troppo” il rapporto con la genitrice, intellettuale di primo piano fra Trieste e Milano

TRIESTE Una mamma e una figlia, due temperamenti diversi, due scritture agli antipodi, un filo spezzato dalla cesura del suicidio che oggi viene riannodato nelle pagine di un romanzo: è la storia di Francesca Tumiati, giornalista di costume e appassionata di astrologia, firma di una seguitissima rubrica dell’oroscopo sul settimanale “IoDonna”, e della madre Luisella Fiumi, giornalista de “Il Piccolo” e scrittrice negli anni ’70 di uno dei primi memoir femministi pubblicati in Italia, “Come donna, zero”.
Francesca racconta Luisella nel suo primo romanzo “Un’allegria di troppo”, edito da Feltrinelli, ripercorrendo le tappe della sua vita segnata dalla depressione della madre alla quale lei, per inconscia autodifesa, ha contrapposto l’entusiasmo, la leggerezza e la passione per la moda come antidoto per un dolore insanabile. «Questo libro è la storia di un grande spavento tramutato in vento di allegria per mia madre», dice Tumiati. Ed è quasi il controcampo di quello che Luisella raccontava in “Come donna, zero” che Neri Pozza ha appena rieditato. Fiumi è nata a Milano ma ha vissuto a Trieste otto anni, «i più felici della sua vita»: è arrivata con la famiglia perché il padre lavorava al Lloyd, qui si è laureata. “Come donna, zero” e “Un’allegria di troppo” in un certo senso si rispecchiano, ed è appassionante leggerli insieme. Perché Fiumi, al pari di Alba De Céspedes e Annie Ernaux, portava sulla pagina il peso soffocante del ruolo di madre e di moglie scrivendo dei divertenti siparietti famigliari. Nel libro troviamo il marito “Bosi”, nella realtà il giornalista Gaetano Tumiati, e le figlie gemelle Anna, la quadrata, e Francesca, “la Chicca”, la “pinocchietta” che, scopriamo ora in “Un’allegria di troppo”, si era presa l’arduo incarico di far ridere di nuovo quella mamma così disperata.
«Oggi io e mia madre siamo insieme, affiancate in libreria: è una doppia rinascita», dice Tumiati. «Ho voluto riportarla al mondo: una mamma che si toglie la vita ti lascia dentro una porta che sbatte». Tutto poi, come racconta Francesca nel libro, è stata una reazione a quello strappo indicibile: «Nei rapporti con gli uomini sono sempre scappata per essere inseguita, ma è stato un fuggire doloroso. Sempre in balia dello spavento della perdita di mia madre che ha lasciato una traccia difficile da cancellare». Anche Tumiati parla di sé, delle sue tre figlie, ma il tono è più caldo rispetto all’ironica, esilarante disamina famigliare di Fiumi, che con la penna ha saputo usare il sarcasmo anche negli anni più bui. «Era una campionessa di sprezzatura, sapeva scrivere cose complicate facendo finta che fossero lievi. Unire i ruoli di donna, casalinga, intellettuale e scrittrice era difficile, ma lo raccontava con rara nonchalance. Attraverso la scrittura mia madre sfiatava un senso doloroso del vivere».
Quando uscì “Come donna, zero”, nel 1974, Francesca era poco più che adolescente e, pur essendone protagonista, l’aveva appena sfogliato. «L’ho letto davvero solo ora, e rido da sola. Mi commuove ritrovare mia madre, la mia famiglia». Francesca in “Un’allegria di troppo” ricorda sua madre quando cantava e “El tram de Opcina”, e si perdeva in un furioso “sbabazar” con lo scrittore Giuseppe Berto. «Parlava di Trieste come di un amante, nella bora chiara ma anche nella scura: andava bene tutto, purché il vento la portasse nel vortice della libertà. Abitava con la famiglia in via di Montfort. Mi parlava dei bagni, del Pedocin dove le donne stavano bene da sole. Io mi stupivo, lei invece lo raccontava con grande entusiasmo. Mio nonno è morto giovane lasciando la famiglia in difficoltà, ma mia madre l’ha aiutata mettendosi a lavorare per il “Piccolo”». Rientrata a Milano, dopo la nascita delle gemelle, Luisella Fiumi aveva cominciato a soffrire di depressione soprattutto per la sordità che l’aveva colpita a causa di una meningite. «Il femminismo è stato un’ancora di salvezza», dice Tumiati.
Si era creata una sorellanza con Emma Bonino e Margherita Boniver: come rievoca uno dei passaggi più graffianti di “Un’allegria di troppo”, facevano i collettivi in salotto mentre il padre chiedeva alle figlie se la mamma avesse preparato la cena. Francesca però incarna una femminilità diversa: «Da ragazzina il femminismo lo detestavo: mia madre mi diceva di non fare la donna oggetto, io invece volevo essere soggetto di una seduzione per incantare i maschi. Come lei, però, anche io ero caduta nella trappola di un archetipo, seppure opposto. La vera solidarietà tra madre e figlia si è creata adesso attraverso la scrittura: lei rinata a quarant’anni dal suo successo letterario e io, da esordiente, finalmente l’ho raggiunta». —
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