Isadora Duncan omaggio all’artista che inventò la danza moderna

Erano passati solo pochi mesi dal grande successo ottenuto a Vienna, quando, il 15 ottobre del 1902, Isadora Duncan giunse a Trieste per presentare al Teatro Armonia i suoi “Idilli alla Danza”. Si trattava di sei pezzi ispirati all’antica Grecia e al Rinascimento dove movimento, musica, poesia si esaltavano a vicenda come ad esempio nella messa in scena della “Primavera” con musica di Ferroni e versi di Orazio. Il programma originale della serata, che contiene i giudizi intorno all’arte di “Miss Isadora Duncan” di pittori e scultori quali Eugène Carrière, Franz von Stuck e Fritz A. Kaulbach, è tra i vari documenti attualmente esposti al Mart di Rovereto nella mostra “Danzare la rivoluzione. Isadora Duncan e le arti figurative tra Ottocento e avanguardia”.
Curata da Maria Flora Giubilei e Carlo Sisi in collaborazione con Rossella Campana, Eleonora Barbara Nomellini e Patrizia Veroli, propone 170 opere tra dipinti, sculture, lettere, abiti e fotografie inedite. Viene ripercorsa la storia della ballerina americana a cui si deve la nascita della danza moderna, capace di attraversare confini temporali e geografici, influenzando e affascinando artisti e intellettuali.
Nata a San Francisco nel 1877, sin dall’infanzia è avvolta dalla musica suonata dalla madre pianista. Iniziò ad esibirsi verso la fine dell’Ottocento negli Stati Uniti, senza riscuotere grande apprezzamento; nel 1900 danzò a Londra e da lì proseguì in tutta Europa dalla Francia alla Germania, all’Italia e alla Russia riempiendo i teatri di Parigi, Berlino, San Pietroburgo, Roma. Per prima ruppe le regole della danza accademica abolendo scarpette da punta e tutù, indossando tuniche leggere e ballando a piedi scalzi. La sua ispirazione era la danza dell’antica Grecia: “il futuro della danza è la danza del passato”, scrisse, volendo esprimere nei suoi movimenti “la vita mutevole della natura” e “la libertà della donna”. Per lei la danza rappresentava “una concezione totale della vita”, di “una vita più libera, più armoniosa, più naturale”; si scelse quali maestri di danza Jean Jacques Rousseau, Walt Withman e Friedrich Nietzsche.
La danzatrice in terracotta del II sec. a.C. e la ballerina in tutù dipinta da Zandomeneghi nei primi anni del ‘900 aprono il percorso espositivo traducendo figurativamente il pensiero di Isadora.
Sono diversi gli artisti che mostrano di ispirarsi esplicitamente alla ballerina americana come Auguste Rodin, che la evoca nello splendido marmo “Ève au rocher”, o Eugène Carrière e Antoine Bourdelle. Ma ci sono anche artisti quali Hodler, Bistolfi, Previati, Sartorio, che nell’ambito della corrente simbolista reinterpretano la figura femminile in una nuova idea di armonia e di connubio con la natura in perfetta sintonia con quanto Isadora esprimeva nella danza.
In Versilia, invitata dall’amica Eleonora Duse, con la sua personalità e le sue movenze incanta Plinio Nomellini e Romano Romanelli. Nomellini le dedica la tela “Gioia tirrena”, scelta a immagine della mostra; Romanelli si ispira alla sua interpretazione nel “Siegfried” per il bronzo “Il risveglio di Brunilde”.
Non poteva quindi mancare un raffronto con il futurismo e il nuovo concetto della danza proposto dal movimento d’avanguardia italiano: accanto alle osservazioni di Marinetti e al coloratissimo dipinto di Fortunato Depero “Rotazione di ballerina e pappagalli”, Tullio Crali piegando un filo metallico riassume mirabilmente l’idea della danza in una figura femminile che si fa movimento nello spazio.
All’eredità di Isadora Duncan, scomparsa tragicamente nel 1927, è dedicata l’ultima sezione dell’esposizione con le opere di alcuni importanti artisti attivi negli anni Trenta come Antonietta Raphaël, Massimo Campigli e Marcello Mascherini, del quale vengono esposti due bronzetti, “Estasi” e “Baccante”, prestati dal Museo Revoltella di Trieste. La mostra rimarrà aperta fino all’1 marzo. —
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