Jacopo Ortis, il ribelle che non tollera il conformismo

Nato nel 1973, Mario Fresa esordisce con l’avallo di Cesare Garboli e di Maurizio Cucchi. Le sue composizioni poetiche sono apparse sulle maggiori riviste culturali italiane come “Nuovi Argomenti” e...

Nato nel 1973, Mario Fresa esordisce con l’avallo di Cesare Garboli e di Maurizio Cucchi. Le sue composizioni poetiche sono apparse sulle maggiori riviste culturali italiane come “Nuovi Argomenti” e in numerose antologie tra cui: “Nuovissima poesia italiana” (Mondadori) o la più recente “Veintidós poetas para un nuevo milenio”», edita dall’Università di Valencia nel 2017. Il suo primo libro è “Liaison” (edizioni Plectica, 2002), che ha meritato il Premio Giusti Opera Prima. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta “Costellazione urbana” (nell’«Almanacco dello Specchio» di Mondadori), cui fanno seguito “Uno stupore quieto” (Stampa2009) e “Teoria della seduzione”, un libro d’arte con disegni di Mattia Caruso, pubblicato dall’Accademia di Belle Arti di Urbino. L’ultima raccolta poetica, “Svenimenti a distanza” (Il Melangolo), è uscito lo scorso anno. Il suo consiglio va a uno degli autori in versi più amati dell’800, alla sua frontalità sociale, adeguata anche all’oggi: «Ho riletto in questi giorni, più o meno dopo vent’anni, “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” di Ugo Foscolo. È un’opera rafforzante, perché del tutto anti-consolatoria e mai riconciliante. Lo sguardo di Jacopo è fondato sull’opposizione, sulla ribellione, sull’incapacità di accettare la restrizione della libertà, le sozzure dell’opportunismo politico, l’oscena acquiescenza alle regole della buona società e del conformismo mediocre: figlio, quest’ultimo, di una visione della vita che è tutta, sempre, economicistica, fisiologica, volgare. Che cosa trovo seducente, del capolavoro foscoliano? Il suo porsi come anti-mondo. Jacopo è un alto e splendido Lucifero che non tollera di essere finito qui, entro le viscere di questa Terra così stolida e ottusa e insensibile; né accetta la condanna di stare in mezzo ai grigi filistei, agli uomini-mercanti, ai “rispettabili” borghesi, ai contasoldi, ai ruffiani, agli anti-artisti. E poi: si può davvero accettare la tragica beffa dell’esistenza, quando tutto ci è stato tolto? No. Meglio cacciarsi un bel pugnale nel petto. Esso avrà la dolcezza liberatrice di un balsamo».

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