Jonasson: «Trieste dimentica il suo Strehler»

VIENNA. Dall'Italia manca ormai da diverso tempo, la sua patria professionale è diventata Vienna. Ma Andrea Jonasson non ha dimenticato gli anni trascorsi a Milano, al fianco di Giorgio Strehler, e sul palcoscenico del Piccolo Teatro. Ora, nella capitale austriaca, dove è già stata membro del Burgtheater, è in scena al "Theater in der Josefstadt", il teatro rimodellato negli anni Venti dal mitico Max Reinhardt ispirandosi allo storico Goldoni di Venezia. Proprio in quella prestigiosa cornice, Andrea Jonasson sta interpretando il suo primo Thomas Bernhard. Un testo che è una seconda scelta, si potrebbe dire. Il progetto originario era infatti di allestire “La visita della vecchia signora" dell'elvetico Friedrich Dürrenmatt: «Un vecchio amico, ci dice la Jonasson, dai tempi in cui lavoravo al teatro di Zurigo». Poi però il regista Cesare Lievi, aveva buttato lì: «Perché non 'Alla meta' di Bernhard?» e la controproposta era stata accolta con entusiasmo dalla troupe.
Una commedia schietta, quella dell'autore austriaco, in cui le tirate sono rivolte non alla politica o all'Austria in quanto nazione, bensì all'indole umana e all'arte del teatro. Un testo che dal suo debutto nel 1981 non ha perso nulla della sua freschezza e che fa sorridere e a tratti ridere di gusto. Quello della protagonista di 'Alla meta', la vedova di un industriale, è uno dei ruoli femminili migliori e più impegnativi di Bernhard, un ruolo che domina completamente l'opera e che la Jonasson affronta con mano sicura ma con lievità, riscuotendo calorosi applausi del pubblico viennese: «Di solito i ruoli migliori di Bernhard sono maschili. E sono gli uomini che hanno chilometri di testo. Questa donna invece fa eccezione, ed è al centro di una commedia meravigliosa, scritta un po' come una partitura musicale. Lei è una donna sola, cattiva e spesso divertita dalla sua malignità, con una figlia che lei degrada a serva e sottomette con un egoismo terribile. Quando ho accettato di interpretarla, mi sono chiesta se fosse ancora attuale, ed effettivamente tanti mi hanno detto: ma io una così la conosco davvero».
E Trieste? Dieci anni fa Andrea Jonasson aveva deciso di contribuire a creare un Fondo intitolato a suo marito, Giorgio Strehler, poi ospitato al Museo Carlo Schmidl. Decine e decine di casse di materiali, che hanno preso la via per Trieste, nonostante il fatto che la maggior parte dei materiali di e sul regista giuliano siano raccolti e conservati nell'Archivio del Piccolo Teatro. Come mai questa scelta di dividere i materiali fra due enti?, le chiediamo: «Innanzitutto non ho ritenuto opportuno che quei documenti sulla sua vita e sul suo operato restassero a casa nostra: si tratta di oggetti personali, documenti, scritti, libri, copioni, fotografie, registrazioni audio e video, e ho pensato che fosse giusto metterli a disposizione del pubblico e dei ricercatori che vogliano sapere chi era Strehler, com'era la sua vita, com'erano i suoi pensieri, le sue regie. E il motivo per cui ho auspicato che fossero depositati a Trieste era perché volevo che anche nella sua città natale, che lui amava tanto, potesse essere conservata in modo attivo la sua memoria. Certo bisogna vedere come quei materiali vengono tutelati e proposti al pubblico. La possibilità di far confluire tutto al Piccolo Teatro, che ha una quantità infinita di documenti di e su di lui, è sempre una via aperta, se dovessi constatare che a Trieste l'interesse venisse meno».
Si rammarica, Andrea Jonasson, di non poter essere più spesso nel capoluogo giuliano o a Milano, e poter stimolare iniziative legate al ricordo di Strehler. Ma le piacerebbe che anche Trieste potesse attivarsi di più: «È stato bello che si sia voluto intestare a Giorgio una via vicino al Teatro Rossetti, e che nel 2007 si sia fatta una bella mostra a Palazzo Gopcevich, ma sarebbe altrettanto bello se anche la sua tomba al Cimitero Sant'Anna avesse un congruo risalto, e un decoro costante. Ogni tanto mi si riferisce che non sempre è così».
Jonasson è anche dispiaciuta per progetti che sono rimasti irrealizzati: «Si era parlato di una mostra con parti di scenografie dei suoi spettacoli, ma poi non se ne è fatto più nulla. Ed è un peccato, perché era stata ventilata la possibilità di utilizzare dei grandi spazi vicino al porto, che sarebbero ideali per una presentazione di quel tipo, con materiali anche di grandi dimensioni. Il problema è che il teatro è effimero e non è facile tenerne viva la memoria. Strehler diceva sempre di sapere quanto sarebbe stato difficile mantenere vivo il ricordo dei suoi allestimenti e della sua idea di teatro: io non sono uno scrittore, un pittore, o un compositore, che lascia tracce tangibili, diceva. Il teatro è difficile da raccontare, perché vive del momento. Nonostante ciò, oggi la digitalizzazione di materiali di ogni tipo, e la loro messa in rete, rende più facile immergersi in spettacoli del passato, per gustarne almeno un po' l'essenza».
E per questo Jonasson invita a non lasciare che il tempo divori il ricordo di un uomo di teatro annoverato già in vita tra i giganti della seconda metà del Novecento: «Strehler è un regista che è apprezzato in tutto il mondo e al di fuori dall'Italia ancora si parla tanto di lui. Per esempio a Magonza, in Germania, all'inizio di maggio in un convegno sul teatro, numerose relazioni saranno su Giorgio e le sue produzioni. In Italia, sembra invece che l'interesse sia già scemato. Certo la cultura sembra soffrire particolarmente della crisi e della scarsità di mezzi. Ma forse la sua città potrebbe pensare a ricordare, nel 2017, il primo ventennale della sua scomparsa. Io mi rendo disponibile per un evento che torni a riaffermare la sua grande arte».
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