Killer premaman armata di coltello

L’esordiente Alice Lowe in tandem con Bellocchio
Di Roberto Pugliese

VENEZIA. “Slasher movie”: dicesi di film horror-thriller caratterizzato dalla presenza di un assassino seriale che miete vittime con armi da taglio. “Revenge movie”: dicesi di film caratterizzato dalla presenza di un personaggio principale impegnato in una vendetta efferata e multipla, le cui motivazioni di solito vengono illustrate solo alla fine.

Sembra di stare dentro il cinema di Wes Craven, che era l'indiscusso maestro di entrambi questi generi di serie B e molto “pulp” (il cui antesignano è comunque l'hitchcockiano “Psycho”). Invece siamo all'inaugurazione col botto della 31° Settimana della Critica, con una fulminante apertura di credito ai generi apparentemente “bassi” ma innovati da uno sguardo giovane, spregiudicato e a suo modo poetico. Un decollo, quello della Sic, tanto più ad effetto in quanto formato da un abbinamento decisamente inconsueto: quello tra Marco Bellocchio con “Pagliacci” e l'opera prima dell'attrice e regista britannica Alice Lowe “Prevenge”.

Confermando la propria acuta riflessione sul melodramma operistico italiano, che ha già prodotto film “Addio del passato” e “Rigoletto a Mantova”, il regista di Bobbio cesella un folgorante apologo familiare intorno alle prove di una rappresentazione della celebre opera di Leoncavallo, giocando con sapienza sul suo doppio livello metalinguistico (i cantanti hanno una tresca clandestina proprio come i personaggi dell'opera, e come loro devono dissimularla dietro la messa in scena) e ruotando tutto intorno a una figura di temibile megera-madre-padrona.

Notturno e asciutto, di palpitante inquietudine psicologica, il corto realizzato con l'équipe di Farecinema, la sua scuola, impone la tagliente intelligenza del maestro piacentino, quasi più a suo agio ultimamente nel respiro breve che nelle insidie degli ultimi lungometraggi.

Ma, a proposito di personalità “taglienti”, eccoci all'esordio dietro la macchina da presa di Alice Lowe, talentuosa attrice british di commedie tv e di film come “Killer in viaggio” (da lei anche scritto) e “Hot Fuzz”.

“Prevenge" segue uno schema in apparenza convenzionale: una donna in avanzato stato di gravidanza (la stessa Lowe, che ha girato quando era tra il settimo e ottavo mese di gestazione) semina morti orrendamente ammazzati con un coltellaccio, tutti maschi più una donna, istigata a farlo dalla demoniaca vocina della bambina che porta in grembo. Fra barlumi di sensi di colpa e un dolore insostenibile, la sua missione stragista viene a poco a poco illuminata da flashback progressivi che svelano un incidente in cui ha perso la vita il padre della nascitura, ma anche i sentimenti tutt'altro che "materni" provati dalla donna nei confronti della sua petulante e spietata suggeritrice.

Le sue vittime coprono un contenuto ma esaustivo campionario di esemplari: il proprietario di un negozio di animali esotici, un disgustoso discjockey (che verrà evirato, tanto per non sbagliarsi...), un'odiosa donna in carriera, una coppia di gay di cui uno gentile e premuroso ma testimone scomodo... Ne manca solo uno, il responsabile ultimo, ma intanto la piccola nasce e finalmente l'odiosa vocina tace: non si trattava forse solo di una proiezione schizofrenica della madre? Si fermerà ora la sua furia vendicatrice?

Vietato svelarlo. Ma diciamo che il “politicamente corretto” non appartiene decisamente alle corde di Alice Lowe. Le cadenze sono quelle di un “noir” sapientissimo, dominato da una dark lady insieme fragile e affascinante, nonché da una sottile complessità psicologica e da massicce iniezioni di salutare humour nero; gli omicidi vibrano di un'efferatezza sanguinaria senza sconti ma mai gratuita, seguendo piuttosto lo svolgimento di un irrinunciabile rituale. La regista dimostra infatti ottima conoscenza di precedenti illustri, da “La sposa in nero” di Truffaut a “Lady Vendetta” di Park Chan-wook passando per “Baby killer” di Larry Cohen ma anche - ebbene sì! - per “Senti chi parla” e “Bastardo dentro”...; senza contare l'inserimento colto di agghiaccianti sequenze da “Delitto senza passione”, visionario crime-drama del '34 di Ben Hecht e Charles MacArthur.

Ed è impossibile non sottolineare l'incredibile coraggio della regista nel mettersi in scena col pancione autentico e in un ruolo così estremo, irrompendo con spietata e quasi esilarante ferocia in alcuni interrogativi morali, scientifici e psicologici che da sempre ruotano intorno al concetto di maternità. Altro che “fertility day”!...

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