L’8 settembre 1943 tra cinema e teatri nella Trieste in mano ai nazisti

Cronaca quotidiana del giorno dell’Armistizio L’apparente normalità della città ceduta al Terzo Reich



Mentre alle 19.30 di quell’8 settembre 1943, il maresciallo Pietro Badoglio entrava nella sede dell’Eiar – la radio di Stato – in abiti civili e con un cappello floscio in testa, per annunciare la resa del Regno d’Italia alle truppe alleate, a Trieste in molti si preparavano probabilmente a trascorrere una serata a teatro o al cinema. Quella sera – come riporta l’edizione del Piccolo di quel giorno – debuttava al Politeama Rossetti «la Compagnia grandi spettacoli di operette e riviste De Rios-Gandosio». Al cinema del Castello, sullo schermo del cortile delle milizie, «apparirà il film Vogliamo la celebrità, con Maurice Chevalier». Al Nazionale andava in onda L’ultima chimera, al Regina La città d’oro, «film colossale a colori». Mentre quindi l’armistizio consegnava Trieste (e la Venezia Giulia) nelle mani della Germania hitleriana facendola diventare per i nazisti la finestra dell’Europa centrale sul Mediterraneo, fino a quel momento tra le vie e le piazze la vita – a leggere le cronache della città e «all’ombra di San Giusto» dell’8 e del 9 settembre del foglio diretto allora da Silvio Benco – scorreva tutto sommato come sempre.



«La gentile signorina Claudia Veronese ha dato oggi la mano di sposa al dott. Prof. Claudio Noulian-Noliani. Auguri vivissimi». Il ristorante Continentale di via San Spiridione 3 annunciava in pompa magna la nuova apertura. «L’illustre conterraneo Matteo Bartoli, professore di lingue classiche e neolatine alla Regia Università di Torino» andava in pensione. Un chilo di caffè costava 9 lire, l’insalata 4 e il pomodoro 2. Alle 17, al civico 7 di via San Nicolò, si riuniva invece l’Unione dei commercianti. Venivano sospese le «ferie di tutti i negozi per generi alimentari» (il giorno dopo, però, «sotto l’impressione di quello storico avvenimento» i negozi rimasero chiusi). Continuava regolarmente ad uscire il feuilleton Oltre il confine di Armanda Ravazzini. La famiglia Richter versava 50 lire per l’Associazione sordomuti. Il bollettino di stato civile faceva la conta dei nati, 6, e dei morti, 5, tra cui la piccola Maria Flavia, di appena un giorno.



Certo, non mancavano le piccole «disavventure e disgrazie» quotidiane. Come quella capitata attorno alle 10 a Giuseppina Michelazzi, investita con la bicicletta in via Commerciale. O alla povera Anna Pulgher che «mentre stava cenando, si è conficcata accidentalmente la forchetta nella cornea dell’occhio destro». O poco più tardi, alle 13.30, quando «due donne sono rimaste strette, all’imbocco della Galleria Sandrinelli, tra una vettura tranviaria della linea 1 diretta a San Sabba ed uno dei muri di sbarramento». Dieci minuti prima, per chi se ne stava in casa, la radio iniziava le trasmissioni dell’orchestra diretta dal maestro Petralia. Il soldato Michele Chiarello in piazza della Borsa, quella mattina, perdeva un braccialetto d’oro: «L’onesto rinvenitore – si legge in un trafiletto – è pregato di depositare l’oggetto prezioso presso i nostri uffici, verso generosa mancia».



Nonostante il coprifuoco in vigore dalle 22 alle 5.30, l’anima commerciale dei triestini non venne meno. E così gli annunci pubblicati sul foglio quotidiano. «Il signor Del Piero, diplomato, impartisce lezioni matematiche»; il signor Fiore, in via della Zonta 4, vende la sua «interessante» raccolta di francobolli; mentre il dottor De Nicola riceve regolarmente in via Santa Caterina per curare «malattie cutanee, veneree e disfunzioni sessuali». Si pubblicizzano le cure termali a Portorose così come la vendita del “vetro muranese” da Bonifacio, in via Roma. Si mette in guardia dalle «false chiamate telefoniche». E si invita a tentare la fortuna con la Lotteria di Merano: «può essere questo il tuo turno di svegliarti milionario avendo rischiato solo 12 lire».



Tre giorni più tardi, l’11 settembre, il giornale titola a tutta pagina sull’occupazione militare di Trieste. L’arrivo dei tedeschi segna anche la fine della breve direzione del Piccolo di Benco che solo pochi mesi prima, in luglio, firmava il suo editoriale di presentazione mettendo al centro la parola “libertà”. Pistola alla mano, un fascista della prima ora, Idreno Utimpergher, che finirà poi fucilato a Dongo a fianco di Pavolini ed esposto a piazzale Loreto con Mussolini, lo cacciò dal giornale. Nei giorni che seguono le cronache cittadine si fanno più scarne, più cupe. Così come il clima in città. Al cinema Nazionale, già dalla sera del 10 settembre, si proietta La ragazza in blu, con Lida Baarova: stella del cinema degli anni ’30 e soprattutto amante di Joseph Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich. –





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