«La Balena Blu al posto di Dio»

Lo psicanalista Massimo Recalcati domani a Lignano per la sua lectio magistralis
L’identità del padre, la sua funzione, l’idealità del ruolo in base a un’epoca porta un nome: Massimo Recalcati che con il suo ultimo,
“Il segreto del figlio. Da Edipo al figlio ritrovato” (Feltrinelli, pag. 128, euro 15)
, si è aggiudicato il Premio Hemingway nella sezione “Testimone del nostro tempo”. E certo Recalcati - che domani, alle 18.30, al Kursaal di Lignano Sabbiadoro, terrà una lezione aperta al pubblico - porta a compimento quella trilogia tesa all’analisi delle figure genitoriali e intanto ci dice quali sono le leggi del desiderio. Sabato la cerimonia di consegna del premio, che vedrà sul palco Recalcati insieme a Zadie Smith, Slavoj Zizek e Nino Migliori.


«Da ragazzo ho amato e divorato Hemingway – ci dice lo psicanalista – La cosa che mi aveva più colpito era la sua lingua. Portavo Hemingway con me soprattutto in vacanza. Associavo Hemingway alla vitalità erotica del desiderio e alla passione per la vita della città, della polis con i suoi conflitti. Ma il suo impegno, quello che mi colpiva e toccava di più, era quello della costruzione della frase, della lingua che sapeva di estate. Frasi leggere, terse, come l’acqua di un fiume». Insomma qualcosa che sa di libertà e la “libertà”, non esente dalla disciplina, sta a fondo anche del suo ultimo volume dove il padre di Edipo si oppone a quello evangelico del figliol prodigo della parabola di Gesù: «Nel primo caso il padre vuole la morte del figlio perché non sopporta di dover essere “ucciso” da lui. Diversamente il padre del figliol prodigo sa donare la libertà al proprio figlio, sa rinunciare, come fa Abramo con Isacco, alla sua proprietà, sa lasciarlo andare. In questo vedo il dono più alto della genitorialità».


Ma attenzione. Lasciar andare non significa instaurare un regime di anarchia, si tratta di un “dono”, come spesso ripete l’autore. C’è da chiedersi, tuttavia, se senza quel lacaniano “No del padre” il nostro desiderio non decada. «Il declino del desiderio, la difficoltà, la fatica a desiderare è un tratto del nostro tempo. Il desiderio viene meno perché il senso della Legge viene meno. Il senso della Legge non consiste nello schiacciare la vita, nell’imporre alla vita una museruola. La legge non è una camicia di forza. Piuttosto il suo senso consiste nell’introdurre l’esperienza del limite come fondativa della possibilità del desiderio. Senza senso della Legge non c’è l’erotismo del desiderio. Di conseguenza il desiderio si nutre della Legge, non è semplicemente in opposizione alla Legge».


Riflessione assolutamente certa, in fondo solo gli stolti pensano che il desiderio, finanche il vizio o l’erotismo, si alimentino di libertà casuale, eccessiva, piuttosto che di disciplina. Ma il desiderio ha le sue regole e senza privazione muore. Oggi pare tuttavia che l’epoca detti il codice di un padre fragile, assente, più simile a un figlio che a un ruolo paterno: «Abbiamo conosciuto l’immagine di un padre tiranno, orco, padronale che usava il suo potere contro i figli. Il ’68 è stato un giusto movimento di rivolta verso questa rappresentazione patriarcale del potere. Tuttavia il suo esito è stato anche quello di gettare via il bambino insieme all’acqua sporca. La giusta critica al padre padrone si è trasformata in una liquidazione tout court del padre. La società dei consumi ha preso il posto dell’autorità simbolica del padre, avrebbe detto Pasolini. Il culto politeista delle merci degli oggetti di godimento ha preso il posto del culto monoteistico di Dio proprio delle società religiose».


Il culto dei consumi ha sostituito molte cose, certo, ma forse anche il ruolo di chi detta le regole, i mass media, più autorevoli di un padre, a quanto pare. È di questi giorni il fenomeno della “Balena Blu”, il gioco sulla sfida suicida dei teeneger, i cui responsabili sembrano i media, più dei social: «Per ogni adolescente l’esperienza della libertà è un’esperienza vertiginosa. Diversamente dal bambino l’adolescente si accorge che il suo campo di azione si è esteso e oltrepassa il recinto chiuso della famiglia. L’ebbrezza della libertà, in questo gioco folle, in una chiara dialettica sadomasochista, viene sacrificata a un padrone misterioso e omicida. Il gioco consiste infatti nel cedere la propria volontà a quella di un padrone oscuro. È un gioco violento e sadomasochistico di sottomissione. In palio: la vita e la morte. Progressivamente il ragazzo che cade vittima di questa ipnosi a distanza consegna la sua libertà alla volontà sadica dell’Altro. Diventa l’oggetto passivo, masochista, di quella volontà. La cosa che colpisce - osserva sempre Recalati – è che tutto questo accade di fronte a genitori che non si accorgono di nulla! Sembra questa la tremenda morale che ricaviamo da questo folle “gioco”: meglio rinunciare alla vita consegnandola ad un padrone piuttosto di sperimentarne l’instabilità. Non è un meccanismo troppo diverso, almeno da questo punto di vista, da quello che sospinge i giovani a martirizzarsi per la causa del fondamentalismo islamico, solo che la Balena Blu ha preso il posto di Dio».


E i genitori come dovrebbero porsi rispetto alla Rete? «Allo stesso modo, credo, col quale gestiscono tutte le passioni verso gli oggetti che producono nuove forme di schiavitù: mostrare che la vita è altrove, è fatta di volti, sguardi, storie e corpi reali. Non consentire che la virtualità sostituisca la realtà». E poi c’è la scuola, naturalmente, altro elemento fondamentale quale punto di riferimento di un adolescente. L’imprinting etico e quindi estetico che si riceve dai primi docenti è fondamentale. Eppure la scuola continua a essere piuttosto distante, da una certa passione. Per esempio molti non amano la poesia proprio per come l’hanno imparata a scuola: «La contraddizione che attraversa la scuola è quella che separa il desiderio dall’obbligo: se qualcosa ci viene imposto – per esempio lo studio della poesia - come possiamo desiderarlo? Per questa ragione accade frequentemente che molti libri che siamo stati obbligati a studiare a scuola, possiamo leggerli con un desiderio rinnovato solo dopo averli ritrovati fuori dalla scuola. Pensiamo alla “Commedia” di Dante o ai “Promessi Sposi” di Manzoni. Molti di noi li hanno amati quando li hanno potuti leggere liberi dall’incubo del dovere».


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