La Dachau ritrovata di Music
Vanno al Museo Revoltella 24 disegni rinvenuti per caso, in mostra da fine gennaio

Ventiquattro testimonianze inedite di pietas e crudeltà, disegnate da Zoran Music, uno dei grandi artisti internazionali del Nord est (Bukovica, oggi Slovenia, ex Impero asburgico 1909 - Venezia 2005), saranno al centro della mostra “Zoran Music, occhi vetrificati”, che si terrà a fine gennaio al Museo Revoltella. Lo hanno annunciato l’assessore alla Cultura del Comune Giorgio Rossi e la direttrice del servizio Musei e Biblioteche Laura Carlini Fanfogna.
La serie dedicata dal pittore alla tragica esperienza a Dachau e profeticamente intitolata “Non siamo gli ultimi” è nota, ma i 24 disegni rinvenuti lo scorso anno negli archivi di Anpi, Aned, Anpia e Irsml, rappresentano una novità assoluta e fanno sì che il Revoltella divenga, a livello mondiale, il museo pubblico detentore del più cospicuo numero di lavori di Music sul tema della deportazione. E ciò in virtù della decisione degli enti proprietari di concedere, in accordo con il soprintendente archivistico Pierpaolo Dorsi, in comodato gratuito a lungo termine, cioè per 50 anni, e rinnovabile, i preziosi e intensi disegni alla galleria d’arte moderna, ritenendola il luogo più consono per conservarli, esporli e valorizzarli.
Anche nella Galleria nazionale slovena, che pur detiene un’importantissima collezione di Music, questi terribili disegni di morte non sono così presenti. E va ricordato che al Revoltella nel 2009, dopo la scomparsa dell’artista, ci fu una giornata di studi e vent’anni fa gli fu dedicata una rassegna alla Risiera di San Sabba, in occasione della quale l’artista donò delle opere e fu protagonista di una videointervista sulla deportazione. Che il Comune ha provveduto in questi giorni - ha ricordato la Carlini - a rendere fruibile in formato digitale.
Ma com’è avvenuto il rinvenimento di queste opere su carta, che rappresentano con crudezza cataste di cadaveri e corpi scheletrici, preziose perché i disegni di Music a Dachau, creati anche prima della liberazione a rischio della vita, sono rarissimi? «È stata la fortuna ma, come accade a tutti gli storici, anche la curiosità», afferma il professor Franco Cecotti, cui si deve la scoperta. «Da alcuni anni sono vicepresidente dell’Associazione ex deportati, perciò stavo scandagliando gli archivi dell’Aned e dell’Anpi e in quest’ultimo c’era una trentina di pacchi non di comune consultazione, legati con lo spago e con su scritto ‘archivio’, che stavano lì dai primi anni ’70. L’Anpi ha cambiato più volte sede - prosegue - e probabilmente, in seguito a un trasloco, erano rimasti inutilizzati. Ho chiesto più volte cosa contenessero, ma la risposta era: vecchi giornali e vecchie tessere d’iscrizione. Aperto il pacco, mi sono trovato, con grande sorpresa, soprattutto di fronte a documenti risalenti al ’44 e fino al ’71. Ho immediatamente interessato la Soprintendenza ai Beni archivistici della Regione, che ne ha dichiarato l’interesse culturale regionale e ha dato il via a una sistemazione dei pacchi».
In attesa dell’intervento della ditta che doveva rendere consultabile l’archivio, Cecotti ne guardava i contenuti. Ed ecco che in un pacco trova sì giornali, ma anche documenti molto importanti, compilati personalmente da deportati e lavoratori coatti di Trieste e provincia, e una cartella contenente giornali di Dachau, ciclostilati e intitolati “Gli italiani in Dachau” del maggio ’45. La stessa data è riportata anche sulla seconda cartella, intitolata “Disegni campo Dachau”, in cui scopre i disegni di Music di quell’epoca. Realizzati cioè dopo l’arrivo degli alleati, in cui l’artista si trovava in una sorta di quarantena. «Ero molto emozionato ma anche preoccupato per il valore dei disegni, perciò in tempi brevissimi sono stati consegnati all’Archivio di Stato, dove sono rimasti per un anno mentre nel frattempo concordavamo con le altre associazioni quale destinazione dare loro, convenendo che si tratta di un patrimonio dell’umanità, che deve circolare». Documenti dal valore immenso, stilati da Music a inchiostro, matita e carboncino su carta di recupero, ora ingiallita dal tempo. L’artista era stato arrestato a Venezia nell’ottobre ’44 dalle SS, che prima di Dachau, lo portarono a Trieste, dove tempo addietro aveva esposto alla Galleria Scorpione e conosciuto la moglie Ida Cadorin, figlia d’arte, anche lei pittrice e compagna di una vita. Music si ritrovò così nelle celle della Gestapo nel sotterraneo del palazzo di piazza Oberdan, accusato di aver nascosto una radiotrasmittente di un’organizzazione clandestina. Quell’esperienza segnerà la sua vita e la sua arte. Perché da quel momento trasporrà, con terribile intuizione poetica, le masse di cadaveri di Dachau in colline di terra e pietra e gli intrecci di corpi devastati in composizioni fitomorfe di bellezza quasi elegiaca o in morbide geometrie di corde e gomene dipinte alla Giudecca. Una trasmutazione sempre più essenziale e rarefatta, che simbolizza il ciclo di vita, morte e rinascita e che non lo abbandonerà più.
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