La filosofia non serve a vendere libri ma non per chi crede in Don Chischiotte

TRIESTE «Sfinito, sudato, magari desideroso di silenzio - racconta Adriano Battello - e Ugo Pierri mi voleva trascinare nel camerino di Fabrizio De André. Non me la sentii, mi sentivo di troppo». Sarebbe stato uno degli ultimi concerti del cantautore genovese morto nel 1999, di certo l’ultimo al teatro Rossetti. Ma il poliedrico Pierri, poeta, scrittore, pittore e grafico, autore delle più belle copertine dei libri editi da Battello Stampatore, insisteva. De André tempo addietro aveva commissionato a Pierri dei disegni con il tema di Don Chisciotte, su cui aveva in animo di comporre. Gli servivano da spunto, come anni prima aveva cantato “La Città Vecchia” ispirandosi ai versi di Umberto Saba, e avrebbero anche fatto da fondale nei concerti a progetto realizzato. Don Chisciotte con Dulcinea, con il suo ronzino, con Sancio Panza, sono rimasti a dormire i loro sogni colorati in una spessa cartella.
«I bozzetti sono spariti, ma noi abbiamo ritrovato gli acquerelli e deciso di programmare l’uscita in autunno di un libro con testi di Matteo Moder che rivisiterà a modo suo Don Chisciotte, e quelli che si prestano saranno musicati da Matteo Bognolo». Pierri ebbe ragione, uscì trionfante dal colloquio con De André che confermò l’impegno, e con una dedica di consolazione allo schivo Adriano che aveva perso l’occasione di conoscere l’autore della colonna sonora della sua gioventù. «Insieme a Guccini» soggiunge. E “insieme” è l’avverbio che più ricorre nel vocabolario di Battello che comincia la sua carriera nella gloriosa Vecchia Tipografia Adriatica dopo una laurea in filosofia. «Illusioni, altri tempi» sorride e nello sguardo passano rapide in volo come bianchi gabbiani, speranze deposte, convinzioni politiche deluse dalla prepotenza della realtà e forse l’eco dell’eterno refrain che fa ballare un po’ tutti: con la cultura non si mangia, il mercato tira solo per studi applicativi, tecnici, altro che filosofia. L’amicizia è un’epopea che dà sostanza alla vita, per questo è con amici, tra cui Roberto Weber, Matteo Moder e Ugo Pierri che Battello decide di unire le forze “per divertirsi”, dove divertirsi ha un significato nobile, vuol dire attribuire un senso a ciò che si fa. E comincia a stampare libri, su tre filoni: uno un po’ anarchico dove si persegue il piacere del volume creativo; uno locale dai riscontri piuttosto felici grazie al sodalizio con Liliana Bamboschek, e infine «inutile negarlo», uno a pagamento per raddrizzare un po’ i conti grazie a committenti privati ed enti che ordinano volumi di rappresentanza e altro. A partire dagli anni ’90 una ventina i titoli di Liliana Bamboschek, nella collana Il Murice, tutti a carattere locale che esaltano particolarità e vezzi triestini: il primo in assoluto sulla bora, i bagni storici, i giochi, il tram, i proverbi, e così via. «Questo filone che riscuoteva molto successo anche con i turisti è in via di esaurimento, un clic e internet esaudisce le curiosità prima che noi riusciamo a intercettarle». Però dall’osservazione nasce un nuovo spunto a prospettiva inversa, semplice ma acuta: se il turista compra un libro sulla città come souvenir della visita, se la presentazione di un libro è un’occasione di vendita, allora anche un avvenimento può meritare il suo segnalibro. E da uno scaffale compare un libro pubblicato nel 2018 «sono pur sempre un ex-sessantottino», in occasione dei 50 anni del Maggio del ’68. La copertina è di Mauro Biani, il vignettista del Manifesto, più sconsolato che sarcastico: «La fantasia non deve andare al potere - C’è il rischio che faccia carriera». Un tam tam attraverso Facebook e piovono testi, filastrocche, poesie, testimonianze di compagni, inframezzati da riproduzioni di grafiche di una rivoluzione caduca come una farfalla: «Chi sei nel maggio francese che durò solo un mese».
Trafitta da uno spillo ecco una nuova idea. «Una piccola ebrea qualunque», poesie di Moder, si presenta con la sobrietà di un nero quaderno di scuola degli anni ’30, ed è portato alla Risiera di San Sabba, a Graz, a Pordenone nel Giorno della Memoria, cosicché «il libro resta il segno di un evento e non è l’evento a essere costruito per promuovere il libro». Il circuito di date importanti permette di ampliare la potenziale platea bypassando la grossa distribuzione. «Infattibile per le piccole case editrici. Qui è il caso di citare Don Chisciotte e dire che si tratta di una lotta contro i mulini a vento: le spese in cui incorreremmo sono stratosferiche perché il distributore incassa il 60 per cento del prezzo di copertina anche se il libro resta invenduto. L’unico che riesce a restare su una piazza meno locale è Asterios, che pubblica libri di qualità e ampio respiro su tematiche di attualità, ma non basta». Per questo, benché a malincuore e contro le sue convinzioni, anche Battello ammette il ricorso alla piattaforma di Amazon per raggiungere il pubblico di nicchia mimetizzato in una più vasta e generica platea e adotta la stampa digitale che abbatte i costi consentendo di partire da una tiratura limitata che può essere replicata on demand. Alle ristampe non ricorre certo la piccola collana a tiratura limitata, sempre nata per iniziativa del vulcanico Pierri nel 2005, i “Libretti verdi”, dedicata alla poesia, che notoriamente in Italia non è nelle top ten delle classifiche di vendita, ma trova i suoi estimatori nei festival dedicati e usualmente è accompagnata da opere d’artista. Tra gli autori Mauro Castelli, Pierluigi Lanfranchi, Michele Barbieri, di piccola ma certa nobiltà, come le antiche casate che non hanno bisogno dei riflettori puntati per essere consapevoli di ciò che sono. Adriano Battello sorride nel suo regno, alle spalle il ritratto in vividi colori di James Joyce interpretato da Ugo Pierri. Il nume tutelare degli intellettuali triestini inforca occhialini tondi di un opaco verde bottiglia a significare che gli occhi sono ciechi quando non sono rivolti a indagare il mondo interiore. —
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