La fine di Ceausescu? Se la sono giocata a calcio

TRIESTE. È chiuso tutto in uno stadio "The Second Game", del regista rumeno Corneliu Porumboiu, che dopo essere stato alla Berlinale 2014 nella sezione Forum, inaugura oggi alle 17 il concorso Documentari al Trieste Film Festival.
Può sembrare solo una vecchia partita di calcio, ma quel derby giocato il 3 dicembre 1988 tra la Steaua e la Dinamo Bucarest, ha rappresentato molto più di un semplice match sportivo. Solo un anno più tardi la Romania avrebbe vissuto la drammatica rivoluzione che ha consegnato alla morte Nicolae Ceausescu, mettendo fine al regime comunista. Due squadre si sfidano sotto una neve fittissima e la loro rivalità va ben oltre il campo da gioco. La Steaua, fondata dal Ministero della Difesa, fa capo all'esercito. È la squadra più blasonata del Paese, quella con i campioni più forti, la squadra del cuore della famiglia Ceausescu.
La Dinamo, invece, fondata nel 1948 dal ministero dell'Interno, è legata alla Securitate, la polizia segreta. Una vecchia videocassetta sgranata, recuperata dagli archivi della televisione rumena, restituisce integralmente i novanta minuti di gioco, mentre fuori campo, dialogano le voci del regista e di suo padre Adrian, all'epoca arbitro assegnato a dirigere l'incontro, dialogano commentando le immagini e le azioni. Rivedere quella partita oggi, a ventisette anni di distanza, rivela molto più di una disputa sportiva. Fa emergere gli invisibili rapporti di potere che regolavano il Paese, rivendica piccoli ma significativi spazi di libertà, riflette sulla storia, sulla politica, sulla messa in scena. Come spesso accade nei film del regista rumeno, "non succede niente".
Il gioco si fa intellettuale a scapito della spettacolarità, ma dice molto sulla necessità di ri-vedere gli eventi sotto una diversa prospettiva o angolazione. Un "second game" appunto. «Il calcio è una cosa effimera, si consuma sul momento», dice Adrian Porumboiu al figlio, «a chi interessa una partita?». Eppure quelle inquadrature sempre larghe che spersonalizzano tutto e tutti, gli stacchi che eludono lo sguardo a ogni accenno di rissa in campo per puntare alle rassicuranti immagini del pubblico in tribuna, facendo trapelare un'ossessiva ansia di controllo, sono più eloquenti di mille parole. È così che il calcio racconta la storia.
Beatrice Fiorentino
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