La nuova detective di Anne Holt segue una pista per salvarsi dal poker

Lisa Corva
Più di 500 pagine (536 per l’esattezza) per lasciarsi alle spalle una dolce primavera nel golfo e ritrovarsi in un inverno nordico, e nei colpi di scena, del nuovo thriller di Anne Holt. Perché con “La pista” (Einaudi, 20 euro) è tornata, finalmente, la giallista norvegese, autrice da 10 milioni di copie. Non solo: è tornata con una nuova eroina, visto che questa è la prima indagine di Selma Falck. Cinquantenne, talentuosa donna avvocato, ma con il vizio del poker - incredibile questo dettaglio, era forse dai tempi di Dostoevskij che non incontravamo dei giocatori dannati - che accetta, per salvarsi dai debiti, dal disastro, e forse per salvare se stessa, di indagare su un caso di doping.
L’accusata è Hege Chin Morell, timida campionessa dai capelli neri, accusata a pochi mesi dalle Olimpiadi. Uno scandalo per la Norvegia in cui, scopriamo, lo sci di fondo è lo sport nazionale, come il calcio per gli italiani. Hege Chin dice di non sapere nulla, e le crediamo anche noi; ma poi nel suo beauty scopre un tubetto di crema che contiene una sostanza proibita, un altro giovane sciatore viene trovato morto… E così, nel grande freddo, ecco i primi segreti, da seguire come tracce nella neve. Mentre un uomo di cui non sappiamo nulla è sequestrato, nudo, chiuso in una cella soffocante: chi sarà? Chi lo tiene prigioniero?
Ci piace, Selma che indaga. Ci piace la Norvegia che Anne Holt sa raccontare lucidamente, ma anche con amore e tenerezza. Oslo con la sua bellezza, e le sue scomode periferie. Il razzismo e l’integrazione: la campionessa Hege Chin è una bimba cinese adottata. La libertà degli individui: anche qui incontriamo una coppia lesbo, come del resto quella dell’autrice, che vive da anni con una compagna, da cui ha avuto una figlia.
Gossip? Forse. Ma siamo sempre tutti curiosi di chi scrive, no? E Anne Holt non rilascia interviste: perché, dicono da Einaudi, è molto occupata a scrivere il prossimo giallo. Che non vediamo l’ora di leggere, quindi accettiamo di buon grado la scusa. Ma in realtà quelli biografici sono dettagli importanti per capire la bravura della Holt. Non è una “semplice” giallista, ma una vera romanziera, sa intrecciare nei suoi libri tutto quello che ci indigna e appassiona nel mondo di oggi. E molta esperienza personale, immaginiamo, visto che - ora ha 63 anni - è stata prima avvocato, e poi, per un breve periodo, ministro della Giustizia.
Che cosa ci piace di queste investigatrici nordiche? Che, come Selma, sono scontrose, non necessariamente simpatiche, meravigliosamente umane. Come l’amica con cui ogni tanto litighiamo, ma di cui non potremmo mai fare a meno (solo che un’amica, purtroppo, in genere non risolve misteri e non sa neppure sparare). Anne Holt ci ha presentato adesso Selma; prima, Hanne, l’ispettore di polizia (paralizzata, in carrozzella) protagonista di tanti suoi bestseller. Ma sugli scaffali delle librerie ci aspettano delle altre eroine per caso. Sono giornaliste, come la svedese Annika, madre divorziata, coraggiosa e disordinata (l’eroina di Liza Marklund, Marsilio). O di nuovo avvocatesse, come la svedese Rebecka, che fugge dalla capitale per rifugiarsi nostalgicamente nella baita tra i boschi che apparteneva alla nonna (nei gialli di Åsa Larsson, sempre Marsilio).
Ci piacciono. Forse perché loro, meno pronte a prendere la pistola o a correre dietro l’assassino, sono più brave – come le autrici – a raccontare il mondo: si parte da un cadavere, ma poi si parla di razzismo, emigrazione, violenza sulle donne, l’impossibilità di avere un figlio, matrimoni che si disfano, la fatica di essere una madre single, nuovi amori complicati all’orizzonte… Sono questi i veri misteri, sembrano dirci le gialliste del Nord; e non sempre c’è un detective in grado di risolverli. Ed è questo, forse, il motivo per cui i gialli sottozero ci piacciono tanto. Intanto, se non avete mai letto Anne Holt, è l’ora di cominciare. —
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