La Serenissima e il Patriarcato unite dalla grande arte fra Guardi e Canaletto

Alex Pessotto
La perdita del potere temporale del Patriarcato di Aquileia, destinato all’esercizio della sola giurisdizione ecclesiastica e dell'attività pastorale in un territorio diviso tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, a lungo ha in Monfalcone il singolare caso di un’enclave appartenente alla “Patria del Friuli” circondata da vaste aree austriache. E se, nel 1420, quella spoliazione, di cui ricorrono i 600 anni, avviene per mano della Serenissima, nel Settecento si verifica un fenomeno inverso: l’arrivo a Venezia di artisti friulani che imparano il mestiere e si coprono di gloria facendo prendere per così dire una rivincita alla loro terra d’origine.
Poi, si sa com’è andata: il Patriarcato viene soppresso nel 1751 da papa Benedetto XIV con la bolla Iniuncta Nobis e, sulle sue ceneri, nascono le arcidiocesi di Gorizia e Udine, grazie all’impulso determinante di Maria Teresa. Di fatto, quella rivincita era già avviata e, a raccontarla, ci pensa ora una grande mostra voluta dalla giunta monfalconese dal titolo “Venezia e il Patriarcato”: curata da Marino De Grassi e Lucio Gregoretti si apre domani alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea.
È formata da circa 250 opere tra dipinti, disegni, incisioni e libri, create in prevalenza nella prima metà del Settecento. Più nel dettaglio, si potranno vedere numerosi dipinti di artisti provenienti dal territorio patriarcale, attivi a Venezia, o comunque, riferibili alla pittura veneziana del Settecento: è il caso di Sebastiano Bombelli, di Nicola Grassi, di Francesco Pavona e dello stesso Carlevarijs, presente con “Il ponte di Rialto con il palazzo dei Camerlenghi” e con una coppia in pendant di porti di mare, ma soprattutto con le sue 103 incisioni che costituiscono una tappa fondamentale del vedutismo veneziano del secolo 18.mo e che lo rendono anticipatore di Canaletto, pure lui presente in mostra. In particolare, di Canaletto si lasciano ammirare quattro disegni della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Trieste, anche se l’occhio è forse ancor più rapito da una pala d’altare di Gianantonio Guardi commissionata dalla nobile famiglia friulana dei Savorgnan per la chiesetta di Belvedere di Aquileia, che, secondo una tradizione, è il luogo in cui sbarcò San Marco. Ancora, spiccano tre vedute e sei tavole delle Prospettive di Venezia incise da Antonio Visentini, come, sempre per quanto riguarda le incisioni, se ne trovano alcune di Giambattista Tiepolo e del figlio Giandomenico che lavorarono con profitto nel territorio patriarcale, oltre a sei lavori del palmarino Jacopo Leonardis. Ma, a raccontare il contesto storico dell’epoca l’esposizione presenta pure testi illustrati dell’editoria veneziana del Settecento e documenti originali come antichi Statuti e atti del Podestà con diretti riferimenti a Monfalcone.
Un’altra sezione, poi, al Museo della Cantieristica, espone dieci delle quindici tavole acquarellate realizzate da Pietro Nobile, architetto, per la progettazione del sistema di fari tra Trieste, Capo Salvore e Capo Promontore (1807-1817), mentre, dai primi di settembre, la mostra del Muca si estenderà anche alla cartografia dell’Alto Adriatico. Per ora, tuttavia, e dopo l’approvazione per così dire, dell’assessore Tiziana Gibelli e del sindaco di Monfalcone Anna Maria Cisint, ieri presenti all’inaugurazione, “Venezia e il Patriarcato” è aperta, con ingresso gratuito, da domani: i lunedì, i venerdì, i sabati e le domeniche dalle 10 alle 19 alla Galleria Comunale, e, al Museo della Cantieristica, i sabati e le domeniche dalle 10.30 alle 12.30 nonché dalle 17.30 alle 20.30, i mercoledì dalle 10.30 alle 12.30 e i venerdì dalle 17.30 alle 20.30. —
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