La spietata essenza del potere deviato dietro i suicidi eccellenti di Mani Pulite

Libro-inchiesta di Mondino, ex manager del gruppo Ferruzzi e scrittore per “debito morale”



I suicidi eccellenti ai tempi di Tangentopoli. Lato oscuro del biennio in cui crollò un sistema politico e imprenditoriale apparentemente intoccabile. Una pagina controversa di quella fase storica che Guido Mondino, manager dal sorprendente estro narrativo, ha provato a riscrivere affrontando una sfida da autentico equilibrista: rappresentare in forma letteraria una “dimensione parallela” che fin dall’inizio sembra inequivocabilmente riflettere, come uno specchio nemmeno troppo deformante, le vicende dell’epoca.

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è, insomma, puramente voluto. Certo, cambiano tutti (o quasi) i nomi dei coinvolti, dei grandi gruppi industriali, dei partiti. Ma è impossibile non cogliere il gioco delle allusioni, pur in una costruzione narrativa fantasiosa, progettata per consentire all’autore di offrire la “sua” soluzione virtuale di quei misteri che nel mondo reale sono ancora in parte irrisolti.

Il thriller storico-politico di Mondino si apre coi suicidi di tre uomini coinvolti, con ruoli diversi, nella tentata fusione tra un’azienda pubblica e un gruppo industriale privato. I settori sono quelli del petrolchimico e dell’energia. Un’operazione da cui scaturisce l’“apoteosi delle tangenti” per foraggiare un sistema politico ancora in grado di dominare sull’industria. L’effetto déjà- vu è assicurato: nella mente di chi legge prende forma istantaneamente il caso Enimont, il più clamoroso processo di Mani Pulite. I tre muoiono pochi giorni (o poche ore) prima di essere interrogati dai magistrati su quella maxi-tangente. A distanza di 13 anni due amici d’infanzia, un giornalista e un ex manager (l’alter ego dell’autore), si incontrano e cominciano una loro inchiesta che li esporrà a pericoli inimmaginabili, che affronteranno nella convinzione che quei tre suicidi, con le loro manifeste incongruenze, siano in realtà altrettanti omicidi.

Ad accendere la prima fiammella nel buio è la testimonianza di un ex capo del Sismi. Da qui, per i due protagonisti, parte una discesa in un vortice infernale: corruzione sistemica, servizi segreti, Cia, mafia, spregiudicate manovre finanziarie, traffici d’armi e logge segrete (il nome di Licio Gelli è uno dei pochi che Mondino lascia intatto). Su tutto incombe un’entità che si oppone alla fusione, onnipresente, apparentemente onnipotente: rappresentanti deviati di potere economico, giudiziario e dell’intelligence, al servizio della politica. Si staglia la figura di un senatore a vita di acume e carisma quasi soprannaturali, Albert Garner. Nome fantasioso, ma basteranno poche pagine al lettore per cogliere il riferimento al “Divo” in questione.

Una trama incalzante che non lascia respiro al lettore e offre l’occasione di riflettere sull’essenza del potere, su un “mondo di sopra” che agisce con le armi del ricatto e della paura, sulle storture della carcerazione preventiva, sulla controversa figura degli imprenditori di ieri e di oggi. In primis Giorgio Romei, ovvero Raul Gardini. Col suo sogno di una chimica amica dell’ambiente, l’orgoglio di sentirsi anti-politico e incorruttibile, salvo poi cedere e scoprirsi speculare al sistema. Qui si innesta il valore aggiunto nel gioco realtà-fantasia, rappresentato dal fatto che Mondino è stato, all’inizio degli anni ’90, proprio un uomo della Ferruzzi e di Raul.

Colpisce la sensibilità con cui l’autore tratteggia le figure dei tre suicidi, pur non negandone colpe e debolezze: oltre a Gardini, si riconoscono Sergio Castellari e Gabriele Cagliari. Alla fine – ovviamente non spoileriamo i dettagli dell’epilogo – a lasciare il segno è la riflessione che Mondino affida al suo alter ego letterario per spiegare i motivi che l’hanno spinto a cercare la verità: «La mia è una scelta che vuole aiutare a cambiare il futuro. La gente deve poter vedere “oltre” il Potere. Senza speranza gli esseri umani non sono nulla». —



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