L’Anfitrione scacciapensieri Ironia e risate senza tempo

Nuovo appuntamento con i dvd della collana dedicata alla storia “filmata” del teatro dall’antica Grecia al Novecento, in vendita abbinata con questo giornale e con tutti i quotidiani del Gruppo Gedi (ogni uscita euro 8.90 più il prezzo del giornale). Come per le tre uscite precedenti, anche in questo caso i curatori della serie hanno attinto allo scrigno delle registrazioni conservate nelle Teche Rai che permettono di puntare i riflettori sull’autore della pièce proposta, offrendo agli spettatori alcune delle migliori interpretazioni italiane della stessa.
Dopo la Filumena Marturano di Eduardo, la Casa di bambola di Ibsen e Il malato immaginario di Moliére, questa è la volta di un’opera di teatro classico: l’Anfitrione dell’autore latino Tito Maccio Plauto, una commedia scritta presumibilmente intorno alla metà del III secolo a. C. e rappresentata per la prima volta – anche questa è un’ipotesi – nel 206 a. C. La registrazione proveniente dalle Teche Rai è andata in onda sul secondo canale il 18 luglio 1975, diretta dal regista Vittorio Sindoni e con la partecipazione di un ottimo cast di attori tra cui Renzo Giovampietro, Francesco Mulé, Grazia Maria Spina, Pia Morra ed Enrico Montesano.
L’Anfitrione è una delle opere più rappresentate del grande commediografo latino, e anche una delle più imitate. Non è un caso se per questa commedia i termini “anfitrione” e “sosia” sono entrati nel linguaggio anche di chi non ha mai avuto niente a che fare con Plauto. Scrivendola l’autore aveva bene in mente la platea davanti a cui il suo lavoro sarebbe stata rappresentato: un pubblico di massa, eterogeneo come formazione, che a teatro voleva ridere e divertirsi, dimenticando i problemi del vivere quotidiano. L’intento è quello del risum movere, scatenando l’ilarità sia per le parole che per le situazioni proposte: in questo caso una serie di equivoci grossolani sul tema del doppio.
La vicenda gira intorno alla scappatella di Giove (Renzo Giovampietro) che, per godersi qualche ora d’amore con la bella Alcmena (Grazia Maria Spina), moglie del generale Anfitrione, impegnato a guerreggiare lontano da Tebe, prende le sue sembianze, scatenando al ritorno del capo dell’esercito tebano una serie di spassosi equivoci. Equivoci che raddoppiano visto che Mercurio, di guardia alla casa dove avviene il convegno amoroso, a sua volta assume le fattezze di Sosia (Enrico Montesano), il servo di Anfitrione. Tutto si conclude con Giove che si rivela e spiega che dei due gemelli partoriti da Alcmena uno, il più robusto, quello chiamato Ercole, è suo figlio, mentre l’altro è stato generato da Anfitrione. E Anfitrione si dichiara addirittura onorato di essere stato ingannato da un dio.
Ghigo De Chiara, regista e sceneggiatore (ma, ricordiamolo, anche autore con Maurizio Costanzo di Se telefonando, il brano portato al successo da Mina nel 1966 su note di Ennio Morricone) nell’adattamento per la televisione della commedia plautina si prende molte libertà permesse proprio dal mezzo, offrendo agli occhi dei telespettatori anche scene che nel testo originale sono solo accennate, come la marcia notturna nel bosco dello spaventatissimo Sosia.
La regia di Vittorio Sindoni mantiene, però, sempre impeccabile il livello scenico. Certo, come già all’epoca dell’uditorio nell’antica Roma, il divertimento offerto, è un divertimento alla buona che strappa grasse risate a un pubblico che non vuole pensare troppo. Ma la comicità di Enrico Montesano si mantiene sempre sobria, e non vanno oltre le righe neppure il rintronato Anfitrione interpretato da Francesco Mulè e l’affabile Renzo Giovampietro nei panni di Giove.
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