Le nostre vite scandite dalla musica e dalle canzoni emozionanti come preghiere

ANTONIO CALABRÒ
«Ma che politica, che cultura/ sono solo canzonette...». Giocava con magistrale ironia, Edoardo Bennato, cantando nel 1980 una delle sue composizioni più dissacranti e divertenti. E sapeva naturalmente, senza darsi tante arie, che le cose non stanno proprio così. Una canzone è “leggera”, nel senso che Italo Calvino dava al termine. E la musica, quando è bella, poco tollera recinti e definizioni di genere ed entra nei territori della poesia, toccano l’intelligenza del cuore e le emozioni più profonde. Lo raccontano Maurizio Stefanini e Marco Zoppas in “Da Omero al rock. Quando la letteratura incontra la canzone” (Il Palindromo, pagg. 304, euro 18,00). L’epica dei racconti accompagnati dalla musica. I versi di Lorenzo de Medici nel “Trionfo di Bacco e Arianna”. E la straordinaria poesia di José Martí, “Yo soy un hombre sincero/ de donde crece la palma/ Y antes de morirme quiero/ Echar mis versos del alma..” che diventa popolare in tutto in mondo con la musica di “Guantanamera”. E ancora le canzoni di Brecht cantate da Milva, l’«Orfeo negro» di Vinícius de Moraes, le parole e le musiche di Leonard Cohen definito “il nuovo James Joyce canadese” per arrivare al Nobel per la letteratura attribuito a Bob Dylan. Poesia e musica, poesia in musica rivelano straordinarie dimensioni dell’anima che tengono insieme nostalgia e felicità.
Le canzoni sono soprattutto “Canzoni d’amore”, come documenta un bel libro di Luca Beatrice (Mondadori, pagg. 355, euro 18,00). Dicono poco di allegria e molto di abbandoni, tradimenti e dolore. E da Gino Paoli a Luigi Tenco, da Lucio Battisti all’«Eskimo» di Guccini, da Ornella Vanoni con “L’appuntamento” alla Mina di “Città vuota”, da De Gregori a Ligabue, ricordare canzoni e raccontarne aneddoti, retroscena, interpretazioni vuol dire ripercorrere più di mezzo secolo di storia d’Italia, con i cambiamenti di consumi e costumi e parlare della particolare colonna sonora della vita di tanti e di ognuno di noi.
Le vite sono, appunto, scandite dalla musica. Una canzone, la colonna sonora d’un film, una sonata per piano di Chopin, un concerto di Mozart o una sinfonia di Beethoven. Note e parole, per dare corpo a emozioni, ritrovare ricordi. Severino Salvemini, economista bocconiano, uomo curioso di sofisticata cultura, s’è divertito a chiedere a una serie di persone di raccontargli la loro play list, per una brillante rubrica su “Sette” del “Corriere della Sera”. E adesso quegli elenchi sono raccolti in “Le liste degli altri - La musica amata da 139 italiani” (Castelvecchi, pagg. 170, euro 17,50). Ne viene fuori un ritratto di personalità rivelate da scelte musicali accompagnate da notazioni ironiche e affettuose, mescolando generi e livelli, in un fantastico zibaldone di accordi. Pupi Avati sceglie, tra le altre, “L’anno che verrà” di Lucio Dalla, Natalia Aspesi “Bandiera rossa” ma anche “Il cielo in una stanza” di Bindi, nella struggente interpretazione di Mina, Enzo Bianchi, ex priore di Bose, uomo d’intensa spiritualità, “Ne me quitte pas” di Jacques Brel e soprattutto “Gracias a la vida... que me ha dado tanto”, parole di Mercedes Sosa, voce di Violeta Parra, emozionante come una preghiera sul calar della notte. Leggero e ironico, lo scrittore Maurizio Maggiani cita la “Casetta in Canadà” e l’astonauta Samantha Cristoforetti, dai viaggi nello spazio, affida le sue emozioni a una delle più belle canzoni di Paolo Conte, “Bartali”. Al lettore che scorre le pagine dense di titoli viene voglia di fare subito anche lui, una sua lista...
Musica. E parole. Spesso è difficile metterle insieme, come documenta Luca Zuliani, linguista all’università di Padova, in “L’italiano della canzone” (Carocci, pagg. 144, euro 12,00). “L’italiano è del tutto inadatto a essere cantato”, sentenzia Claudio Baglioni. E, secondo Fabrizio De André, “scrivere canzoni in italiano è difficile tecnicamente”, per la struttura e gli accenti delle nostre parole. Per le rime bisogna troncare (cuor, fior, amor) e inventare forme originali. Ma ci si riesce, come i cantautori e poi i poeti per cantanti (Roversi per Dalla) dimostrano. Vale il ritmo. E spesso si arriva, comunque, a far convivere bene musica che da sapore di poesia. Contemporanea. —
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