L’estate di Muccino sboccia fuori tempo massimo
di Marco Contino
Sono passati 17 anni dall’ultima volta di Gabriele Muccino al Festival. Era il 1999, lui era un giovane regista con un solo film alle spalle (“Ecco fatto”), sbarcato alla Mostra per presentare “Come te nessuno mai”, scritto insieme al fratello Silvio (che lo interpretava) e dedicato a un gruppo di adolescenti con la verità in tasca. Da allora sembra passato un secolo: Gabriele Muccino è esploso con “L’ultimo bacio”, ha litigato ferocemente con Silvio ingaggiando un duello a distanza sui social, è emigrato a Hollywood dove ha collezionato successi ma anche qualche flop e, infine, «è tornato a Itaca», realizzando “L’estate addosso”, che definisce «leggero ma non superficiale», scelto da Barbera per inaugurare la nuova sezione del Cinema nel Giardino. E aggiunge: «Nei giovani non c’è ottimismo».
Il suo nuovo film (nelle sale il 15 settembre) torna a parlare di maturità, di identità ancora acerbe e di pregiudizi, seguendo il viaggio di due compagni di scuola, Marco e Maria, che si ritrovano quasi per caso - e loro malgrado - insieme, ospiti di una giovane coppia gay a San Francisco. Peccato che Maria sia bigotta e conservatrice: la convivenza e un cane “galeotto” metteranno in discussione il suo punto di vista durante un’estate che tutti si porteranno addosso per sempre. «È un film che volevo fare almeno da dieci anni» confessa Muccino «non è un ritorno al passato, è piuttosto un opera che traghetta gli adolescenti di “Come te nessuno mai” verso i trentenni di “L’ultimo bacio”, attraverso quella stagione dell’anima che è l’estate».
Nonostante la sincerità di fondo che affonda le sue radici nel terreno autobiografico, “L’estate addosso” sembra un’opera fuori tempo massimo, non molto credibile a cominciare dall’omofobia della protagonista (davvero una ragazza borghese che studia nelle migliori scuole internazionali di Roma può ancora scandalizzarsi per una coppia gay nella città più progressista d’America?) per approdare a una scontatissima trasformazione di Maria da “suora” a fulcro erotico dell’improvvisato quartetto di amici. Per giunta in uno scenario cubano un po’ improbabile. Eppure Muccino non sembra spaventato dai giudizi della critica che, pure, in passato non ha mancato di attaccare, anche violentemente: «Evito di leggerla, ma riconosco che una brutta recensione, se scritta bene, può essere molto costruttiva». Nel frattempo il film è diventato anche una canzone scritta appositamente da Jovanotti che ha curato la colonna sonora del film. «Con Lorenzo siamo amici da anni e quando gli ho parlato del mio progetto, ha composto il brano che poi ha deciso di pubblicare prima che il mio lavoro fosse pronto con l’intesa di utilizzarlo successivamente nei titoli di coda ultimato il film». Jovanotti però a Venezia non è potuto venire perché aveva già preso accordi con la Festa del cinema di Roma.
In serata, venti minuti di ritardo per la proiezioni, causa problemi tecnici. Dopo le poltrone dondolanti, prontamente fissate, la Sala Giardino ha testato anche il brivido del blocco visione.
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