Lino Guanciale diventa Ulisse gli Approdi lo portano a Itaca

trieste
Riparte il Festival Approdi, quest'anno nella sua seconda edizione, con un'anticipazione speciale: “Itaca”. A portare in scena lo spettacolo, domenica alle 21, al Castello di San Giusto, sarà Lino Guanciale – ormai di casa a Trieste – impegnato in questo periodo sul set de La porta rossa 2, girata nella nostra città. Città che Guanciale ha conosciuto anni fa: «Ero già stato a Tirieste a teatro nel 2004-2005 e nel 2012-2013; mi era piaciuta moltissimo. Quello che amo è la grazia un po' ruvida – come diceva Saba – dei suoi abitanti, che sanno essere “cocoli” ma anche mettere le giuste distanze». Un viaggio quello di Lino Guanciale che l'ha riportato qui, viaggio che anche il pubblico potrà fare con “Itaca”. «Itaca è un luogo dell'anima – spiega Guanciale – è un luogo che ognuno in qualche modo ha; è una parola evocativa». Questo viaggio nasce un po' di tempo fa da un'idea: «Mi andava di fare una cosa per le scuole della mia regione, l'Abruzzo – commenta Guanciale –. Insieme al musicista Davide Cavuti – abruzzese pure lui – che mi accompagnerà in scena, ho lavorato sulla composizione di uno strano viaggio, iniziando dall'immagine di Ulisse come punto di partenza metaforico, che in un'oretta guidasse gli spettatori alla scoperta di quella che è una vicenda di formazione che è la mia. Mi interessava condividere quella che è stata l'esplosione della mia passione per la cultura in generale. Vi porto la testimonianza dell'effetto che a me hanno fatto degli autori particolarmente importanti per la mia crescita come Pasolini, Gadda, Flaiano, Lucio Dalla, legati da un filo rosso». Il filo del viaggio di Ulisse e della sua scoperta, che dà senso alla nostra esistenza come esseri umani.
Viene spontaneo chiedersi se i migranti di oggi sono l'Ulisse di Omero che ritorna ad Itaca, la sua Patria, o se invece sono l'Enea di Virgilio, costretto a rifondare altrove la sua casa. «È curioso – risponde Guanciale – ma ho appena messo a punto un altro spettacolo proprio su Enea. Non è un caso che la questione dell'accoglienza, dei migranti, dei rifugiati – io sono testimonial dell'Unhcr – sia un tema molto sensibile per me». Entrambi viaggiatori, «Enea è quello più vicino al profugo – prosegue Guanciale –. Non parte per un viaggio casuale, come succede a Ulisse. Enea fatica ad arrivare dove doveva, per ricostruire la sua casa, ma non sarà casa sua, non è Troia. È un altro posto. È una storia di rinascita. Credo che questo mito possa essere preso come paradigmatica vicenda di un richiedente asilo che finisce per rifondare la nostra civiltà. La nosta civiltà latina è figlia di un profugo. Ulisse, invece, in quei nove anni di viaggio, non pensa di tornare a casa, però sa che Itaca è casa sua, sa che ha bisogno di tornarci. Mi piacerebbe che questa idea di patria fosse diffusa. L'importante è sapere da dove si viene». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo