«L’Isis è un virus che ci è scappato dal laboratorio»

Gli scontri tra Oriente e Occidente nell’analisi di Federico Rampini, Marco Buticchi e John Boyne

PORDENONE. Federico Rampini, editorialista corrispondente della «Repubblica» da New York, con “L’età del caos” (Mondadori, ieri sera a pordenonelegge) offre uno sguardo aereo, preoccupato ma nel contempo sedotto, di quel “caos” quasi nietzschiano che sta sconvolgendo il mondo moderno, dove le stelle danzano per creare un nuovo assetto mondiale. Un mondo al tracollo stretto tra il mediovalismo violento del proselitismo e della guerriglia digitale dell’Isis e l’esuberanza neocolonialista della generazione start-up e Bitcoin della Silicon Valley, segnato dal tramonto di un ordine mondiale lento ma inesorabile che sta sconvolgendo equilibri, economie e categorie di pensiero. Due blocchi di pensiero contrapposti che si riversano anche sulle pagine di “Il segno dell'aquila” (Longanesi, agosto 2015, ieri sera a pordenonelegge) dello scrittore ligure Marco Buticchi, che oppongono occidente e oriente in una guerra di potere che scorre tra il passato imperialista romano e l'attualità della guerra d'interesse a sfondo economico e culturale. Se per Rampini la contrapposizione si gioca tra «recriminazione vittimistica del mondo orientale e ingessatura dell'establishment occidentale non sensibile ai cambiamenti della società virtuale e delle nuove regole del mercato mondiale» e vede negli Stati Uniti l'osservatorio privilegiato per captare la direzione che il mondo futuro sta prendendo, per Buticchi «quello tra Isis e mondo occidentale non è lo scontro tra bene e male ma la trama condivisa di interessi che invischiano l'intero l'occidente ricco e l'America in primis, oppositore solo di facciata di questa nuova crociata in nome della democrazia. La corsa agli armamenti, lo sfruttamento del petrolio e il traffico di esseri umani sono la moneta con la quale le super potenze determinano il valore di popolazioni e terre in uno scontro che da religioso si è fatto realmente culturale». L’Isis - ha detto - è un virus che abbiamo creato in laboratorio e che poi è scappato.

Un fantascientifico panorama da terza guerra mondiale che ricorda lo sguardo fanciullesco di John Boyne, giovane scrittore irlandese divenuto bestseller con “Il bambino con il pigiama a righe”, per la prima volta a pordenonelegge stamattina per raccontare “Resta dove sei e poi vai” (Rizzoli, 2013), la Prima Guerra Mondiale attraverso gli occhi di un bambino di 9 anni alla ricerca di suo padre, partito per il fronte. Un interesse vivo sulla condizione e le conseguenze delle violenze belliche nell'educazione dei giovani che tratterà anche nel nuovo “The boy of the top of the mountain”, in uscita in Inghilterra a ottobre. Storia quasi speculare a “Il bambino con il pigiama a righe”, che racconta l'isolamento e la schiavitù mentale a cui viene sottoposto un bambino cresciuto all'ombra di Hitler.

Francesca Pessotto

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