L’Italia? Un Paese fatto di malintesi
“Sillabario” di Francesco Merlo presentato da D’Antona

“Sillabario dei malintesi” (Marsilio, pag. 450, euro 20, 00) si intitola il libro dello scrittore e giornalista Francesco Merlo, presentato a Pordenonelegge dal direttore del “Piccolo” Enzo D’Antona. Una sorta di dizionario incline a introdurre parole particolari, quelle vocate alla contraddizione: «Tutte le contraddizioni della lingua italiana – ha osservato D’Antona – e quindi è una sorta di storia delle contraddizioni italiane». Una definizione azzeccata, anche perché Merlo, in modo divertente e divertito, evidenzia proprio quanto il linguaggio nazionale si sia costruito sugli ossimori e in questo modo riesca sempre a rimanere sul margine dell’ambiguità, a salvare capra e cavoli. «L’idea del libro nasce dal fatto che nella storiografia contemporanea, soprattutto tedesca – ha detto Merlo – c’è questa tendenza di raccontare la storia non tanto con il tempo ma soprattutto con il luogo. Per esempio la strage di piazza Fontana, la guerra di Troia. Oppure nessuno si ricorda in che anno è morto Kennedy, ma tutti sanno che è stato ucciso a Dallas». Ecco allora la tendenza a leggere il tempo attraverso lo spazio. «Questo è stato il mio punto di partenza. Da qui mi sono detto, perché non leggere il tempo anche attraverso le parole. Ciò significa per esempio che la guerra di Troia può essere raccontata con la parola “cavallo” o “tradimento”, “bellezza” o “furbizia”. Ho applicato quindi questo metodo all’Italia» e l’autore l’ha fatto da un punto di vista personale, aprendo il sillabario con un ricordo familiare: «Ho iniziato con la parola “monarchia” perché mio padre che era di destra votò il partito repubblicano, al referendum del’46, mentre mia madre che aveva sempre votato a sinistra votò monarchia. Da lì ho scoperto che anche un personaggio come Einaudi votò monarchia e con lui De Nicola, Scalfari, Montanelli, Agnelli. È chiaro che ognuno votò monarchia per una ragione diversa perché la parola “monarchia” alla fine significava tante cose e tutte differenti, a volte in contrasto».
Da questo vocabolo, che apre la pista del dizionario, saltando luoghi e tempo, Merlo ha raccontato la parola “referendum”, “broglio”, “imbroglio”, “complotto”. Parole che si legano l’una all’altra non più per il tempo e lo spazio, non più per ciò che significano: «Scoprendo così - dice - che le parole non somigliano alle cose che nominano. Sono quindi giunto a pensare che l’Italia è una storia di malintesi. Le parole sono tantissime e sono tutte giocate e definite in base a questa idea». È facile pensare, nella dinamica di questa ludica filologia, che le parole si distinguono anche in base alle regioni: «Se noi diciamo terrone, al nord, ha un significato preciso. La parola terrone è presente nel sillabario e ha questo significato negativo, almeno al nord. In realtà poi il terrone è colui che ha contribuito a fare l’unità d’Italia e l’ha anche subita perché nel meridione c’è questa idea che il Sud ha subito violenza durante l’ammissione. Di fatto il Sud ha aiutato a fare l’Italia perché i “terroni” sono i funzionari dello stato, i magistrati, gli insegnanti, i poliziotti, tutti coloro che hanno contribuito all’unità, basti pensare al lavoro degli insegnanti». Insomma le parole hanno diversi significati: «Tutti noi diamo diversi significati e così andiamo avanti, con i malintesi, appunto. Va detto che il malinteso non offende la realtà ma la protegge, nel senso che è dinamico e ti permette di scorrere avanti. Direi che la lingua italiana ha persino difeso la politica italiana raccontandola con il “trasformismo”, le “convergenze parallele”, i “vaffa”, invenzioni linguistiche che la lingua ha offerto per dire l’indicibile». Sono parole ossimoriche, che però mettono d’accordo tutti perché consentono l’apertura, che è sempre una caratteristica italiana perché queste parole permettono di lasciare una porta aperta. «È quella che io chiamo la “quasità” italiana. Noi siamo quasi europei, quasi cattolici, quasi medio orientali, questa è un’altra difesa perché ti consente di superare te stesso senza rinnegarti mai, in questo modo diventi un ex senza diventare un traditore e l’Italia è infatti anche il paese degli ex».
Ma quali sono, oggi, le parole più “malintese”? «Sicuramente il “vaffa”, parola che esprime una rabbia di opposizione. Tuttavia quando questa rabbia diventa programma di governo assomiglia alle convergenze parallele, cioè diventa un obiettivo impossibile, perché come può governare il vaffa? Se tu mandi tutta la gente a quel paese come puoi governare? ».
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