L’ossessione per i tradimenti, dal padre alla moglie Nora
Un filo rosso che percorre tutta la vita e l'opera di Joyce è da identificare nella sua ossessione con l'idea del tradimento. James Alexander Fraser, il giovane studioso inglese al quale è riservato l'onore di chiudere sabato 30 giugno dalle 9.30 all'auditorium del Museo Revoltella la 22.ma edizione della Trieste Joyce School, ha dedicato a questo tema cruciale il volume “Joyce & Betrayal” (Palgrave 2016).
L'idea di essere la vittima di tradimenti nasce nel giovanissimo James Joyce col tracollo finanziario della sua famiglia. In realtà il primo a tradirlo fu proprio suo padre John che, con le sue scellerate abitudini, non fu capace di mantenere lo standard di vita medio-alto borghese a cui il ragazzo si era abituato da bambino.
All'idea del tradimento della propria classe sociale si associa quella politica, col voltafaccia riservato allo statista Parnell, idolatrato da Joyce, dalla bigotta Irlanda quando si scoprì che aveva una relazione con una donna sposata. Una volta arrivato a Trieste con la sua compagna Nora Barnacle, Joyce sperimenta una evoluzione più intima degli effetti di questo suo 'tarlo'. James inizia infatti a temere che Nora lo abbia tradito prima ancora di partire da Dublino con un amico comune e pensa che a Trieste la giovane donna lo stia tradendo con l'affascinante direttore del Piccolo della Sera, Roberto Prezioso, un autentico dongiovanni, che Joyce affronterà davanti alla Stella Polare con una violenza inusuale per un esteta del suo calibro. Ma, come spiega J.A. Fraser, in Joyce tutto viene trasformato e sublimato nella scrittura e da quell'ossessione nasceranno a Trieste il dramma “Esuli” e l'idea centrale per l'”Ulisse”, ovvero il romanzo di un tradimento: una moglie cornifica il marito che però – a differenza di Joyce – sa perdonare. (e.d’e.)
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