Maggi, il thriller ambientato nell’Atene del 322 a.C.

PORDENONE. Come facevano i detective dell'antichità a risolvere i delitti quando non c'erano il Ris di Parma e i riscontri scientifici? All'indomani della scoperta di un esame clinico che investiga il Dna umano per rilevare in esso le “prove cellulari” di abusi e violenze, il professore pordenonese Andrea Maggi, giovane scrittore 40enne di Morte all'Acropoli (uscito a giugno per Garzanti), fa un tuffo dentro le suggestioni romanzesche che affondano le radici nelle narrazioni storiche, illustrando come in svariati romanzi si sia tentato di risolvere delitti senza i moderni mezzi d'indagine.
Un suggestivo viaggio fisico e letterario che, a bordo del pullman Atap griffato pordenonelegge, attraversa la pedemontana pordenonese e le suggestioni tratte da autori del '900. Tra questi l'olandese Robert van Gulik, autore di polizieschi ambientati in Cina nel periodo della dinastia Tiang (sec. VII), che in “I delitti dell'oro cinese” offre una lettura della storia tutt'altro che pesante e insegna quanto essa possa invece risultare affascinante e divertente. Subito dopo è la volta di un toccante Giulio Cesare, che lo statunitense Steven Saylor in “Omicidio sulla via Appia” delinea sullo sfondo dell'omicidio di Clodio, all'epoca del tramonto della Repubblica di Roma. La parola passa poi al russo Boris Akunin e all’ispettore Erast Petrovic( Fandorin che ne “Il marchio del fuoco” dimostra con un pizzico di sarcasmo come la gente trovi sempre le scappatoie per aggirare una legge ingiusta ed irragionevole.
A questo si aggancia Maggi per introdurre il suo romanzo storico Morte all'Acropoli, ambientato ad Atene nel 322 a.C. all'indomani della morte di Alessandro Magno. Il thriller prende avvio dal ritrovamento di un cadavere di cui viene accusato il licantropo Eurifemo. Il mercante Apollofane è l'unico a credere nell'innocenza dell'accusato, tanto da offrirsi di difenderlo. Alla base del romanzo di Maggi c'è la scoperta di una Atene molto corrotta, in contrasto con l'idea di modello di democrazia e libertà che ci è stato tramandato. Un romanzo che, secondi i classici dettami aristotelici, si apre con un pianto e si chiude con una risata, mischiando i canoni di tragedia e commedia, il passato con il presente, a dimostrazione che la natura umana tende ad incedere negli stessi errori e vizi in tutte le epoche.
Francesca Pessotto
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