Marcello Fonte: «Il cinema è il mio sogno ho imparato spiando gli altri sul set»

l’intervista Occhi neri e dolenti, i lineamenti pasoliniani e una pietas struggente. Marcello Fonte è l’attore italiano dell’anno, il “canaro” mite secondo Matteo Garrone, premiato a Cannes con il...

l’intervista



Occhi neri e dolenti, i lineamenti pasoliniani e una pietas struggente. Marcello Fonte è l’attore italiano dell’anno, il “canaro” mite secondo Matteo Garrone, premiato a Cannes con il premio per la migliore interpretazione maschile, senza rivali sulla Croisette. Questa sera, assieme a Massimo Gaudioso, che affianca il regista romano alla scrittura fin dai tempi di “Estate romana”, sarà a Gorizia, al Parco Coronini Cronberg, per l’inaugurazione della 37.a edizione del Premio Internazionale alla migliore sceneggiatura “Sergio Amidei”, ospite d’onore alla proiezione fuori concorso di “Dogman” che darà il via alla kermesse.

Sono passati solo due mesi da quella sera, al Palais du Cinema, quando Fonte, stringendo tra le mani il riconoscimento meritatamente attribuitogli dalla giuria di Cate Blanchett, ha commosso l’Italia con la sincerità delle sue parole, ricordando i giorni in cui solo la sua immaginazione riusciva a trasformare il rumore della pioggia battente sulle lamiere della baracca in cui viveva in scrosci di applausi poi divenuti realtà.

Classe 1978, Fonte è cresciuto in una famiglia numerosa a Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, prima di trasferirsi a Roma sul finire degli anni Novanta. «Il sogno è cominciato molto tempo fa – ricorda – quando ero piccolo suonavo nella banda di paese, mi capitava di fare qualche recita per intrattenere la gente. Ma chi poteva immaginare di arrivare al cinema. Sono partito a 19 anni con il sogno di fare il vigile del fuoco. Ma è cambiato tutto. Il cinema mi ha stregato con la sua magia. Perché il cinema è finzione. Ti permette di realizzare i tuoi sogni, di diventare quello che avresti voluto essere. Un vigile del fuoco o un padre di famiglia. Il cinema è plastica, vetroresina. L’unica cosa vera sei tu».

Il grande sogno comincia con le frequentazioni clandestine dei set romani: «Dove c’era un camion di cinecittà, là c’ero io, a spiare. Mi sono affacciato con curiosità sul set di “Una storia qualunque”, c’era Nino Manfredi, stetti in piazza Vittorio fino alle 4 del mattino e alla fine mi fecero fare una comparsata. Poi, nel 2001, per “Gangs of New York”, ho lavorato tre mesi. Neppure sapevo che il regista si chiamasse Scorsese, pensavo fosse “scozzese”, scozzese della Scozia».

Avvicinarsi al cinema e diventare attore, però, sono due cose diverse. C’è un percorso da fare e Fonte lo sa, anche se si definisce un autodidatta: «Ho imparato guardando gli altri, rubando con gli occhi».

Infine, ci si è messo di mezzo il destino. Custode tuttofare del Nuovo Cinema Palazzo di Roma, finisce per rimpiazzare uno degli attori della compagnia di detenuti di Rebibbia, morto all’improvviso in seguito a un malore. È lì che Garrone lo incontra. È lì, come ha dichiarato in tante occasioni, che ha trovato la chiave giusta per il suo “Dogman”, che ha riconosciuto l’umanità che cercava per il suo canaro. “Marcellino”, come lo chiamano affettuosamente gli amici, è stato anche dietro alla macchina da presa, per l’autobiografico “Asino vola”, ma ha l’umiltà di non chiamarsi regista, «una responsabilità troppo grossa». Il suo futuro è ancora nel cinema, magari nuovamente al fianco di Garrone, che pochi giorni fa ha aperto il casting del suo prossimo film: “Pinocchio”. «Non si può mai dire - afferma - ma di certo se lui volesse, io ci sto». —



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