Mario Tudor, la creatività fatta di tessuto

GRADISCA. L'artista Mario Tudor torna ad esporre in regione. Si intitola "Tudor opere recenti" la personale, curata da Luciano de Gironcoli, che aprirà sabato 16 alle 18,30 alla galleria la Fortezza di Gradisca d'Isonzo, 27 anni dopo la personale a Palazzo Torriani.
Nato a Gorizia nel 1932 Tudor è considerato un maestro della fiber art, disciplina antica del creare opere visive e tridimensionali con tessuti, fibre e arazzi, alla quale si dedica dagli anni '70, dopo un esordio come pittore. Intensa e lunga la sua attività espositiva in prestigiosi musei e gallerie in Messico, Argentina, Stati Uniti, Germania, Austria, Polonia, Danimarca e Giappone. Le sue opere hanno stile e forza espressiva originali e inconfondibili. Gli intrecci di fili e trame, i collage di tessuto creano figure geometriche e racconti, nelle quali capacità sartoriali, creatività sperimentale e profonda conoscenza della storia dell'arte si intrecciamo con raffinata armonia.
Da quanto tempo manca da Gorizia?
«Dal oltre 50 anni. Nel 1958 sono stato assunto a Trieste all'Editoriale Libraria, dove ho imparato tutto sulla stampa. L'anno successivo mi sono trasferito a Milano dove vivo e lavoro. Nella città lombarda per 7 anni ho lavorato come dirigente in grandi aziende, dal 1966 ho scelto di dedicarmi solo all'arte. Il mio ricordo di Trieste, dove torno di tanto in tanto, è legato ai molti concorsi ai quali ho partecipato, vincendo tutto quando fosse alla portata di un giovane».
Che ricordo ha di Gorizia?
«Allora c'era poca sensibilità per l'arte e nessuna galleria, gli artisti esponevano al Circolo di lettura e al Caffè. Nel 2011 i Musei provinciali mi hanno chiesto di acquistare un'opera; io ho preferito donarla; si sa che i musei hanno pochi soldi».
Lei è ritenuto un innovatore, condivide questa definizione?
«Direi di si. Siamo pochi in Italia a praticare la fiber art, poche le gallerie e i musei che l'espongono. Io lavoro molto all'estero. Sono sempre stato considerato troppo moderno, per questo in Italia i miei collezionisti sono soprattutto privati».
È rischioso praticare un'arte poco conosciuta?
«Il rischio fa parte del talento, senza l'umanità sarebbe rimasta ai graffiti della Valle Camonica».
Come è avvenuto l'incontro con la fiber art?
«Per caso, mentre allestivo una mostra di acquerelli alla Fondazione Querini Stampalia a Venezia nel 1974, il direttore mi chiese un'opera per il giardino monumentale di Carlo Scarpa. Nacque così "L'aquilone sul prato" realizzato con garzette, carta velina colorata e stecche di bambù. Una struttura leggera che crepitava con il vento. I lavori successivi furono strisce di stoffa lunghe circa 80 metri che collocai fra le vigne sulle colline dell'Oltrepò pavese e nell'ex convento di San Sebastiano a Venezia».
Quali sono i materiali che utilizza?
«Sempre gli stessi: filati naturali, cotone, lino, canapa di colori diversi, puri, brillanti».
Margherita Reguitti
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