Mattia e Aziz, due adolescenti in fuga da una solitudine che non ha geografie

Corrado Premuda



Così simili e così diversi. Il primo alle prese con i quotidiani tormenti dell’adolescenza fra il rapporto coi genitori, la vita scolastica, le amicizie importanti e i primi tormentati amori. Il secondo costretto a crescere all’improvviso passando dall’infanzia all’età adulta, in viaggio attraverso la rotta balcanica da Kabul all’Italia per sfuggire a un destino altrimenti segnato. Mattia e Aziz sono coetanei ma le loro vite marciano su due rette parallele che potrebbero non incontrarsi mai. Il destino però si mette di mezzo in maniera imprevedibile e i due ragazzi verranno in contatto l’uno con l’altro a Udine, la città in cui vive Mattia e in cui fortunosamente sta per arrivare Aziz. Le loro vite ci vengono raccontate in un’alternanza da montaggio cinematografico. Da una parte c’è Mattia che osserva un suo compagno di classe che si procura tagli sulle braccia e sulle gambe e non può fare a meno di abbandonarsi alle considerazioni: “Realizzo che sono fortunato. Realizzo che io non ho bisogno di deviare dolori nascosti sulla pelle delle braccia o delle mani, come per portare in superficie tutto quello che dentro ti fa male e ti massacra i nervi pur di uscire.” E proprio in quel momento sua madre gli manda un messaggio sul telefonino, ha bisogno di parlargli, e poco dopo, a casa, il mondo di certezze e di calore familiare si sfalda come un castello di carte che crolla. Il padre di Mattia ha una nuova compagna, si sta costruendo un’altra vita e lui si sente improvvisamente tradito, abbandonato, preso in giro. Dall’altra parte Aziz affronta un interminabile viaggio da est a ovest insieme al padre e allo zio e porta con sé le voci, gli odori e i colori della sua terra bellissima e martoriata e delle figure che hanno alimentato le sue giornate fino al terribile “giorno zero” che ha segnato uno strappo definitivo.

I due ragazzi sono i protagonisti del romanzo “Questa notte non torno” (Feltrinelli, pp. 256, euro 15) della udinese Antonella Sbuelz. Una doppia storia di formazione che crea da subito una forte empatia con il lettore e che riserva, pagina dopo pagina, numerosi svelamenti e sorprese. L’avventura inevitabile a cui il destino ti condanna, le prove da superare, le paure con cui convivere appartengono alle fiabe ma questa storia non è decisamente una fiaba. Fin da subito siamo catapultati nel viaggio, nel mondo crudele dei migranti di cui la cronaca ci aggiorna quotidianamente: al centro del prologo l’autrice mette il piede e nel descrivere questa parte così importante del corpo umano ne fa un emblema che attraversa la Storia e la società per focalizzarsi poi sui piedi di chi scappa, di chi è costretto ad andare senza guardarsi indietro, di chi cammina lontano dalla sua vita per tentare di sopravvivere. Il libro ha il pregio di svelare la complessità del mondo degli adolescenti, un mondo che è esteriore e interiore e che non risparmia dolori e dubbi a nessuna latitudine. La solitudine è un sentimento comune, qualcosa che prova il giovane migrante sradicato dalla sua terra come il ragazzino di buona famiglia cresciuto negli agi e nella bambagia. Il bisogno di confidarsi, di rispecchiarsi nelle parole e nei gesti di un amico, un confidente, un coetaneo, segna il percorso di ogni adolescente e può diventare cruciale quando il mondo violento e ottuso costruito dagli adulti mina la serenità e il normale corso di crescita di un ragazzo. Mattia e Aziz si sfiorano in tutto il libro e alla fine vengono fatalmente attratti uno dall’altro come calamita: sono due ombre che corrono incontro al destino stringendosi al petto la loro palpitante ansia di vivere.

Antonella Sbuelz, autrice di opere di narrativa e di poesia, è anche insegnante e animatrice di corsi di scrittura creativa per ragazzi. —

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