Mohamed Ba riparte dalla sua Africa attraverso i simboli delle maschere

L’attore venerdì al Teatrino Basaglia con la lezione-spettacolo “La Mostra” nell’ambito di S/paesati: «La nostra arte è interprete di un mondo invisibile»
Federica Gregori



Un viaggio atipico nell'Africa profonda, pre-coloniale, «mortificata per secoli e i cui sistemi sociali, politici, religiosi non sono mai stati veramente messi in luce»: e poiché ora si tenta di ripartire, in Europa come in ogni dove, vuole farlo dalla sua Africa, Mohamed Ba, già apprezzato mattatore al centro del pungente "Come diventare africani in una notte". Se la ripresa dello spettacolo non andrà in scena per motivi tecnici - come precisano da Bonawentura che lo produce - venerdì 27 agosto l'attore senegalese tornerà protagonista di una lezione/spettacolo: "La Mostra", che andrà in scena alle 20.30 al Teatrino Franco e Franca Basaglia all'interno di S/paesati, la rassegna di eventi sul tema delle migrazioni giunta alla sua XXII edizione.

«Ho voluto fare la proposta di ripartire dall'Africa profonda - racconta Ba, voluto anche da Checco Zalone nel suo "Tolo Tolo" -, da quell'Africa in particolare che comunica attraverso il simbolismo. L'arte africana infatti non è rappresentazione, non è imitazione né tantomeno figurazione: ma è il significato, il simbolismo, perché trasgredisce la forma a vantaggio della sostanza di ciò che esprime e trova la sua forza dall'emozione che provoca. E anche perché è interprete di un mondo invisibile: perché gli africani vedono la vita in comunione con la morte. Spesso ci si augurava "buona morte" perché la morte non ha mai significato la fine dell'esistenza ma un ricominciare sotto altre forme e altri aspetti».

Mohamed Ba continua il suo percorso, ogni volta diverso e originale, per raccontare quell'Africa che non si legge o apprende dai libri: stavolta saranno delle maschere il suo grimaldello, ognuna di loro con una propria storia e una propria funzione. «Addirittura ci sono vari casi di maschere provenienti dallo stesso territorio - spiega - che oggi vengono presentate diversamente: questo perché hanno subito il diverso condizionamento dei Paesi conquistatori, in questo caso Francia e Inghilterra. Sono tanti i casi dove la maschera originaria fu reputata non idonea: venendo meno il lato esotico c'era il rischio che non attirasse l'attenzione dei cittadini in occidente, allora parte del popolo accettò di modificarla aggiungendo perline e conchiglie mentre l'altra metà rifiutò, creando una spaccatura all'interno della stessa comunità».

Centrale poi in "La Mostra" sarà il racconto dell'editto di Kurukan, «elenco delle norme per una buona governarce del territorio che è la prima dichiarazione dei diritti umani, promulgata nel 1236, un po' prima della Dichiarazione Universale siglata a Parigi nel 1948». Carta che oggi è Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco e che in effetti riuscì a riunificare l’impero Mandé che diventò, un secolo dopo, il grande impero del Mali. Anche questa storia dimenticata o addirittura mai conosciuta. Le maschere la raccontano perché, spiega Ba, «si sono salvate: i colonizzatori non sono stati capaci di interpretarle, e han pensato fossero solo oggetti esotici».

Sarà possibile effettuare una prenotazione telefonando allo 040365119 o scrivendo a biglietteria@miela.it fornendo i dati personali (nome, cognome, recapito telefonico). L'accesso sarà consentito solo con la Certificazione Verde Covid-19 valida. —



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