Morta Mirella Schott Sbisà la regina dell’Acquaforte

TRIESTE. Un animo gentile e discreto, uno stile da gentildonna autentica, ospitale e riservata, delicata con semplicità: si è spenta l'altro ieri Mirella Schott Sbisà (Trieste 1921), pittrice e...
Lasorte - Scuola Acquaforte - Mirella Schott Sbisà e Aldo Raimondi davanti a un vecchio torchio
Lasorte - Scuola Acquaforte - Mirella Schott Sbisà e Aldo Raimondi davanti a un vecchio torchio

TRIESTE. Un animo gentile e discreto, uno stile da gentildonna autentica, ospitale e riservata, delicata con semplicità: si è spenta l'altro ieri Mirella Schott Sbisà (Trieste 1921), pittrice e incisore di vaglia, moglie, allieva e compagna nell'arte di Carlo Sbisà. È mancata nella sua bella casa di via Aleardi, ricca di ricordi e di mobili d'epoca, risalenti alla sua famiglia d'origine e alla sua vita con il grande pittore triestino, amico, tra gli altri, di Arturo Nathan e di Leonor Fini, personaggi che aveva conosciuto lei stessa. Tra le opere, le magnifiche ceramiche che Carlo aveva ideato e realizzato insieme a lei con il marchio CSM (Carlo Mirella Sbisà) negli anni della guerra e postbellici, quando l'atmosfera era mutata e gli affreschi di gusto neoclassicista e novecentista, d'ispirazione originalmente rinascimentale come quelli che adornano la galleria Protti e molti altri di palazzi triestini razionalisti, edificati tra le due guerre, che avevano reso famoso Carlo, non era più molto richiesti, così come i ritratti di quella tendenza, perchè il gusto e l'economia erano cambiati.

Dopo la morte di Carlo avvenuta nel 1964, Mirella aveva mandato avanti anche la Scuola Libera dell'Acquaforte, nel tempo pietra miliare del cursus honorum di molti artisti, che il marito aveva fondato nel 1960: lei l'aveva diretta con costanza e determinazione fino al 2003, quando aveva ceduto il timone a Furio De Denaro e a Franco Vecchiet.

Amava la natura Mirella e in particolare il Carso, dov'era andata a passeggiare per molti anni ogni domenica. E del Carso aveva raccolto la poetica essenza, trasferendola in ordinati disegni e belle incisioni, temi poi scivolati verso una descrizione più estesa del dato naturale: ed ecco il tramontar del sole, la luna, il mare, narrati con un approccio lievemente magico, come se si trattasse di una favola raccontata attraverso eleganti simbologie. E poi ancora i luminosi paesaggi toscani, le colline senesi, gli interni del suo ufficio alla Regione, dove aveva lavorato dopo la morte del marito, espressi in uno stile di derivazione postcubista. Opere realizzate in una stanza spartana della sua casa liberty, dove ti mostrava, quasi fosse un'essenziale vestale del tempio, il suo torchio e le amate "armi" del mestiere.

Pur allevando da sola le sue figlie, Paola e Marina, Mirella Schott Sbisà aveva infatti proseguito con tenacia lungo la strada dell'arte sia nel conservare e promuovere il ricordo del marito sia nella propria attività creativa; tant'è che, dopo la partecipazione a prestigiose rassegne quali la Biennale veneziana e la Quadriennale romana, nel 2004 il Comune di Trieste le aveva dedicato un'importante antologica a Palazzo Costanzi mentre nel 2006 aveva esposto le sue acqueforti in un'importante personale alla Biblioteca Statale di Trieste.

Marianna Accerboni

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