Mostar, Sarajevo, Srebrenica il requiem per la Bosnia di una semplice viaggiatrice

La giornalista Barbara Castellaro ha trasformato in un libro l’esperienza vissuta dieci anni fa nei paesi segnati dalla guerra

il percorso



Ci sono alcune zone del mondo in cui la parola “confine” assume un significato scottante dalle sfumature delicate. Sicuramente i Balcani sono una di queste aree e la Bosnia Erzegovina, situata proprio nel cuore dell'ex Jugoslavia, rappresenta l'emblema degli scontri e del sangue del Novecento europeo. La tolleranza religiosa e l'ambiente naturale potrebbero essere le caratteristiche principali di questo paese, invece purtroppo sono le guerre e i conflitti etnici a renderlo famoso.

Barbara Castellaro, dopo un viaggio che dieci anni fa l'ha portata a Mostar, Sarajevo e Srebrenica, ha deciso di raccogliere e sviluppare le impressioni e gli appunti presi sull'emozione del momento e trasformarli in un libro. Ne è nato “Requiem per la Bosnia” (Infinito Edizioni, pagg. 130, euro 13), uscito da poco e corredato dalle fotografie di Paolo Siccardi. Il dato che colpisce sempre gli italiani è che a separarci dalla Bosnia in fondo sia solo l'Adriatico: un paese così vicino eppure così lontano per le tristi vicende che lo hanno interessato fino a poco tempo fa. Lo sguardo di Barbara Castellaro è così, stupito dalla storia complicata che permea il fulcro della terra degli slavi del sud. Da semplice viaggiatrice, l'autrice racconta il suo avvicinamento a un popolo ferito e martoriato, le scoperte in una terra ricca di bellezze artistiche e paesaggistiche e i valori più puri che nascono anche nella tragedia: il perdono, la rinascita, la solidarietà, la speranza.

La prima tappa di questo diario narrativo è Mostar: “Molte case qui mi fanno venire in mente quei castelli di sabbia che, da bambini, costruivamo sulla spiaggia con tanta cura, dedicandovi ore, fantasia, pazienza, impegno. Poi, improvvisamente, arrivava un'onda e tutto veniva sgretolato, spazzato via, eroso e non restava che sabbia o il simulacro di quello che, prima, era stato qualcosa di bello”. A fatica la città riprende forma mentre polvere, macerie informi e muri semidistrutti continuano a lambire le strade e le periferie. I bosniaci hanno testardamente ricostruito il Ponte Vecchio, simbolo della guerra che nel 1993 buttò giù un pezzo di storia europea che aveva resistito per cinque secoli.

Di Sarajevo il primo luogo da visitare è il tunnel vicino all'aeroporto, oggi diventato il Museo del Tunnel: questo percorso di ottocento metri fu costruito ventisette anni fa per eludere le milizie serbe e rifornire la città di cibo, medicine, sigarette, armi; si scavò esattamente sotto alla pista degli aerei partendo dalle due estremità, i minatori delle due parti si incontrarono a metà strada nel sottosuolo. A un angolo di strada ecco un altro pezzo fondamentale di Storia: una lapide ricorda che in quel punto il 28 giugno 1914 il serbo Gavrilo Princip assassinò l'erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando d'Asburgo e sua moglie Sofia. Ma Sarajevo è anche la città in cui la splendida moschea si affianca a una sinagoga antica, a una chiesa cattolica ottocentesca e una cattedrale ortodossa.

Srebrenica è tristemente famosa per il massacro di ottomila musulmani bosniaci, considerato un vero e proprio genocidio, avvenuto nel 1995, ma il suo nome significa “città dell'argento”. È lì che l'autrice incontra alcune donne, le vedove di quell'orrore, ancora in attesa di una giustizia che non si stancano di invocare e pretendere. Non le resta che testimoniare scrivendo: “Ho visto che cosa può fare la guerra, ho visto come un uomo può, quasi per capriccio, cancellare intere generazioni di propri simili e questo mi ha sconvolta. Ho visto anche, però, una tenacia, una dignità, una voglia di ricominciare che non credevo possibile trovare”.

Barbara Castellaro è stata responsabile delle attività relazionali con le istituzioni per Confindustria Piemonte e oggi è addetta stampa al Consiglio regionale del Piemonte. Nel 2002 ha curato la scelta delle opere e del catalogo della mostra “Cinquantacinque artisti del Novecento della raccolta Olivetti” in collaborazione con Renzo Zorzi. Ha pubblicato i libri “Ramblas”, “Le voci del silenzio” ed “Era più bianca la neve” scritto con Marco Travaglini. —



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