Nel “Barbiere” a San Giusto Esmeralda diventa Rosina

Divertente, dinamico, giovane, dal vivace sapore mediterraneo: questo è il Barbiere di Siviglia nell'allestimento firmato da Davide Garattini che stasera alle 20.30 andrà in scena al castello di San...
Di Rossana Paliaga

Divertente, dinamico, giovane, dal vivace sapore mediterraneo: questo è il Barbiere di Siviglia nell'allestimento firmato da Davide Garattini che stasera alle 20.30 andrà in scena al castello di San Giusto a Trieste nell'ambito del Piccolo festival del Fvg (biglietteria aperta un'ora prima). L'Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Federico Santi celebrerà il bicentenario della prima di questo capolavoro con un cast particolarmente brioso, nel quale Rosina sarà Leyla Martinucci, figlia d'arte (il padre è il tenore Nicola Martinucci), che il pubblico triestino ha conosciuto nel ruolo di Esmeralda in “Notre Dame de Paris”. La spigliata cantante, che vive e lavora tra l'Italia, Montecarlo e New York, nasce artisticamente nel mondo della prosa, con esperienze importanti come la Pentesilea diretta da Peter Stein. Appassionata di musica leggera e d'autore, artista di musical, sta per debuttare nell'opera barocca con la prima mondiale della serenata di Antonio Vivaldi La Gloria e Imeneo il 22 luglio a Villa Manin.

Ma è veramente possibile dedicarsi a generi così diversi?

«Tutto quello che faccio è in primo luogo teatro. Incasellarsi in ruoli e generi chiusi è un concetto che non riscontro all'estero, qui da noi invece non è ancora naturale pensare a un modo di stare in scena più "globale", che possa serenamente comprendere diverse forme teatrali, ovviamente nei limiti di una ragionevole considerazione di esigenze vocali diverse. Ogni spettacolo non può che trarre giovamento da un approccio creativo e sfaccettato e in Italia abbiamo un grande potenziale in questo senso. Penso sia la chiave per far rinascere anche nelle generazioni più giovani l'interesse per la lirica. I tempi sono cambiati. Oggi il pubblico ha bisogno di uno spettacolo completo, con cantati che siano al tempo stesso attori convincenti».

Lavorando tra Italia e Usa ha notato grandi differenze nell'approccio del pubblico all'opera?

«Il pubblico americano vuole godere dello spettacolo, forse con meno senso critico, ma con la voglia di ascoltare musica e vivere emozioni. I teatri sono pieni di giovani e famiglie. C'è una curiosità aperta, una considerazione molto alta nei confronti di musical e danza contemporanea e nessun pregiudizio verso l'opera come spettacolo potenzialmente "pesante" o "noioso". Forse c'è una maggiore genuinità che crea una particolare alchimia tra sala e palcoscenico».

Quanto è importante il fattore umano quando occorre mantenere il giusto ritmo della comicità?

«In questo spettacolo succede di tutto e non sarebbe possibile realizzarlo senza un vero lavoro di squadra. Ragiono sempre in termini di gruppo e non di singolo cantante. La collaborazione in scena, e la generosità reciproca sono fondamentali, ti permettono di cogliere e sviluppare anche momenti improvvisativi che possono creare situazioni estremamente divertenti».

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