Nello zoo disegnato da Mitja Rabar gnu, volpi e istrici puntano all’Oscar

Esce in dvd “Zootropolis”, cinquantacinquesimo classico del colosso californiano dei film di animazione E dopo le statuette conquistate per “Frozen” e “Big Hero 6” il giovane artista sogna il terzo red carpet
Di Federica Gregori

Se per “Frozen” si sono ritrovati con una renna fuori dagli studi stavolta il luogo di lavoro si è popolato di animali ancora più bizzarri, tra volpi, gnu e mastodontici istrici manco fosse un safari. Perché “Zootropolis”, 55° classico Disney che esce oggi in dvd, segna il grande ritorno della casa di Burbank al mondo animale, sulla scia di capolavori d’animazione da “Bambi” a “Dumbo” fino a “Il Re Leone”. Stavolta poi, al centro del film diretto da Byron Howard, già regista di “Rapunzel” e “Bolt” e Rich Moore di “Ralph Spaccatutto” c'è, come in “Robin Hood”, un universo interamente abitato da animali antropomorfi dove l'uomo è bandito, e al centro un misterioso caso da risolvere per l’agente coniglietta Judy Hopps e Nick, volpacchiotto tanto loquace quanto truffaldino. Dietro la loro realizzazione c'è ancora una volta, al suo quinto anno ai californiani Walt Disney Animation Studios, il triestino Mitja Rabar, ben saldo nella sua qualifica di unico animatore italiano in quello che è “il” tempio dei cartoon per antonomasia.

«L'idea, con gli animali di “Zootropolis” – racconta Rabar - è stata quella di capire se renderli umani o mantenere la loro natura: c'era da stabilire un confine. Il risultato è che si comportano da umani ma in momenti al limite, quando sono stressati o capita qualcosa d'improvviso, escono le loro peculiarità animali più istintive e ancestrali. Era interessante marcare questo confine e secondo me è stato risolto in maniera incredibilmente brillante».

Stavolta più che mai il procedimento che prevede per gli animatori mesi intensissimi di lavoro tradotti sullo schermo in manciate di secondi è stato al culmine. «C'è così tanta complessità, una ricchezza così variegata di dettagli nel caratterizzare i personaggi che i tempi non si sono allungati, anzi! Ogni volta l'asticella viene portata una spanna più in alto e stavolta la complessità è strabiliante, con un livello di dettaglio mai raggiunto prima, come nel lavoro sulle pellicce». Un piglio di rasentare sempre la perfezione che ha toccato anche l'impianto narrativo e di cui Rabar svela un ulteriore retroscena. «Abbiamo iniziato il lavoro - spiega - ma poi ci siamo fermati. Non che la storia non andasse, anzi: non solo reggeva ma era anche molto carina. Ma è stato ritenuto si potesse migliorare ancora e c'è stato un gran cambiamento nello sviluppo dei personaggi: lo script, incentrato inizialmente su Nick, è stato riscritto “al femminile” sulla coniglietta Judy». D'altronde il pallino della ricerca della perfezione non è una novità alla Disney, fino a chiamare un climatologo Nasa per capire come le condizioni atmosferiche influenzino la luce. «Lo studio è cambiato radicalmente già da dieci anni fa quando John Lasseter e Ed Catmull, arrivati dalla Pixar, avevano preso il controllo della situazione e portato migliorie dalla pre-produzione al movie making. L'azione era già in atto quando sono arrivato io ma da quel momento in poi il cambiamento ha subito un'accelerazione, sia in numero che in qualità».

Mitja ha lavorato non solo sui protagonisti: la sua esilarante caratterizzazione di altri personaggi, diciamo non proprio dotati di brillante intelligenza, è piaciuta così tanto da essere inserita già nel primo trailer ufficiale. «Ho fatto Judy e Nick adulti e da piccoli; tra gli altri ho scelto subito, da sviluppare, uno gnu. I test sono piaciuti e sono stato coinvolto subito per il primo trailer. Se c'è libertà creativa in Disney? C'è sempre la possibilità di creare qualcosa di diverso, ma è la pre-produzione il momento migliore per avanzare proposte. Vediamo continuamente screenings del lavoro svolto e abbiamo la possibilità di scrivere delle note. I direttori se ne leggono a centinaia: se non è intelligenza questa».

La forza di “Zootropolis” sta anche nel messaggio: «”Puoi diventare qualsiasi cosa tu voglia” è un messaggio importantissimo, non ce n'è mai stato secondo me uno così forte. Non mi stanco mai di dirlo: per noi è uno sforzo, una fatica, un parto creativo. Quando vedi il film realizzato ti sorprende per la maestria con la quale sono stati uniti i tasselli: stavolta mi ha sorpreso per l'estrema complessità e nel frattempo di contenere un messaggio così potente».

E se nelle sue mani ha già stretto ben due Oscar, per “Frozen” e “Big Hero 6”, non c'è da augure a Rabar, in vista di febbraio 2017, la veridicità del detto “non c'è due senza tre”.

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