Paolo Evangelisti spiega come nel Medioevo la moneta fosse già politica

«Tutte le cose sono misurate dalla moneta»: non lo ha detto Mario Draghi, il governatore della Banca centrale europea ma Aristotele nell’Ethica Nichomachea. Lo storico Paolo Evangelisti, docente al Pontificio Ateneo Antonianum di Roma, uno dei massimi esperti di storia del Medioevo, torna oggi a Trieste, dove si è laureato, per presentare la sua ultima fatica. Si tratta di un volume («Il pensiero economico nel Merdioevo: ricchezza, povertà, mercato e moneta», edito da Carocci) che fa capire come il dibattito sull’anima “politica”della moneta (che oggi riguarda l’Europa) sia stato già affrontato dai Padri della Chiesa. Ma non solo. É stato l’Ordine francescano, mettendo in pratica nella quotidianità la povertà volontaria e lo spogliarsi dei propri beni, che introdusse elementi “rivoluzionari” nel rapporto fra etica e denaro. In tempi in cui anni di crisi finanziaria hanno imposto una profonda riflessione su capitalismo, profitto e nuovi paradigmi dello sviluppo sostenibile, forse oggi sono molto più attuali gli insegnamenti di Papa Francesco rispetto a Max Weber. Questo non significa che dobbiamo sottoporci a regole monastiche, ma sicuramente i tempi sono cambiati , direbbe il premio Nobel Bob Dylan. Paolo Evangelisti ne discuterà oggi alle 17.30 nella sede del Circolo della Stampa in Corso Italia 13 a Trieste con Andrea Tabarroni, docente di storia della filosofia medioevale all’università di Udine e Bruno Callegher che insegna storia della moneta e della numismatica all’ateneo triestino. Modera Pierluigi Sabatti, giornalista e presidente del Circolo della Stampa. Il libro di Evangelisti confuta la tesi che senza il protestantesimo, ovvero il distacco dalla dottrina cattolica, il capitalismo non sarebbe mai potuto nascere. In realtà, spiega, fu nel Medioevo che si tentò per la prima volta di analizzare i fatti economici con personaggi del calibro di Sant’Agostino e Sant’Ambrogio. Evangelisti racconta come gli stessi monaci rinchiusi dei monasteri come racconta Umberto Eco nel Nome della Rosa non si limitassero alla contemplazione spirituale ma elaborassero raffinati modelli economici per gestire la quotidianità senza violare le regole di povertà. Per gli intellettuali del Medio Evo la moneta non era affatto “sterco del diavolo”.
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