«Pasolini attira i giovani ma c’è il rischio di farne un’immaginetta pop»
Il concetto di "utopia" potrebbe sembrare lontano dalla visione di Pier Paolo Pasolini, un autore così legato alla "realtà" in senso anche fisico: la realtà, ad esempio, della terra, della società...

Il concetto di "utopia" potrebbe sembrare lontano dalla visione di Pier Paolo Pasolini, un autore così legato alla "realtà" in senso anche fisico: la realtà, ad esempio, della terra, della società contadina di quel Friuli da cui negli anni '40 del secolo scorso prese le mosse come poeta. Tuttavia non c'è dubbio che nel suo pensiero una carica utopica (nel senso della ricerca di una strada diversa, alternativa) sarà sempre più forte man mano che, dopo il boom economico e lo sviluppo industriale dell'Italia, si impegnerà a denunciare la devastazione prodotta nel Paese da un consumismo che diventava sempre più "ideologia".
Si spiega così il titolo del libro di
Angela Felice
,
L'utopia di Pasolini (pp. 208, euro 16)
, pubblicato dall’udinese
BEE (Bottega Errante Edizioni)
, che verrà presentato domenica alle 14 al Bookity di Milano, dall'autrice e da Roberto Villa. Dall’amore per la lingua friulana all’etica dei valori del mondo contadino, dal senso profondo del viaggiare alla pedagogia come elemento imprescindibile dell’essere umano, dall’incontro con gli Stati Uniti al ruolo della tv: molti i temi affrontati nel volume da Angela Felice, una delle massime esperte di Pasolini, nonché, dal 2009, direttrice del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia.
Professoressa Felice, un nucleo centrale del libro è incentrato sulla relazione tra Pasolini e il Friuli. In che modo il "genius loci" influenzò la produzione pasoliniana?
«Sono convinta che non si possa capire una personalità così complessa e anche contraddittoria se prima non si passa attraverso il periodo della sua gioventù casarsese. Il Friuli non è solo il paese della madre, in contrasto con la città del padre e dell’autorità, ma è anche il luogo mitizzato del mondo contadino, con i suoi valori, i suoi ritmi atavici fuori della Storia, con le sue parlate espressive. È una "topografia sentimentale", che il giovane Pasolini trasfigura dalla sua visuale di "diverso", per metà friulano e per l’altra metà no».
Che
cosa ricava Pasolini da questa terra?
«Vi attinge l’impulso alla poesia calata nella lingua dei parlanti del posto e l’amore per l’umanità dei semplici, come pure lo sdegno civile per i soprusi sui poveri e anche la tensione a farsene guida e maestro di coscienza. Questo Friuli pasoliniano, in cui parevano fusi in armonia il paesaggio, l’uomo che vi abita e la lingua che ne è l’equivalente sonoro, si colora di utopia, è il luogo del desiderio, dell’eros e della gioventù pura, il simbolo di come dovrebbe essere la vita reale. Senza questa premessa utopistica non si può capire nemmeno il dolore disincantato del futuro Pasolini polemista, all’attacco della società borghese del danaro e delle merci, che ha spazzato via il mondo popolare e le sue ricche e millenarie tradizioni».
Come valuta l'interesse che questo autore continua a riscuotere?
«Pasolini rappresenta il caso davvero unico di un grande "classico" che continua a interpellarci, a scuoterci o anche, per fortuna, a dividere. Ma dalla sua, ha la forza della passione e lo scandalo della sincerità, doti che esercitano attrazione specie sui giovani, oggi così poveri di figure di riferimento. Quando Pasolini era in vita, si è fatto di tutto per metterlo al bando e sminuirne il valore. Oggi, forse, c’è l’effetto contrario: per eccesso di attenzione a una sorta di "moda", si rischia di banalizzarne la figura in facili slogan quasi da immaginetta pop. Ma, a conti fatti, ha vinto e vince lui».
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