Trieste, quando Einstein incontra Joyce: al Miela “Natura Facit Saltum”
Oggi l’evento per il centenario sui rapporti tra meccanica quantistica e letteratura

Cosa accade quando l'infinitamente piccolo dell'atomo dialoga con l'infinitamente complesso della parola scritta? Quando i paradossi della meccanica quantistica si specchiano nelle ambiguità della letteratura contemporanea? È la sfida intellettuale che animerà l’evento “Natura Facit Saltum”: oggi, alle 18. al Teatro Miela, in occasione del centenario della meccanica quantistica, la Fondazione Internazionale Trieste e l’Ogs hanno orchestrato un dialogo audace tra scienza dura e immaginazione letteraria. La domanda che animerà il dibattito, a ingresso libero, è ancora senza risposta: perché la letteratura ha assimilato i concetti della scienza deterministica – da Euclide a Newton – ma sembra refrattaria ai paradigmi quantistici? «Non che i letterati, come Italo Calvino, abbiano tecnicamente capito perché la Luna non cada sulla Terra - riflette Stefano Fantoni, presidente della Fit - ma ne parlano usando metafore scientifiche, con la percezione di sapere perché i moti degli astri seguano le equazioni di Newton. Perché la stessa percezione non c'è per la meccanica quantistica?».
L'interrogativo affonda negli anni Duemila, quando il Laboratorio interdisciplinare della Sissa, allora diretto da Fantoni, ospitò letterati e scienziati che diedero vita alla sezione “Linguaggi letterari e scientifici”. Un esperimento coordinato da Claudio Magris, che intuiva l'urgenza del dialogo tra saperi. «La società odierna è molto attenta alle problematiche che la scienza solleva - osservava lo scrittore triestino - e si interroga sulle conseguenze dell'applicazione delle conoscenze scientifiche». Ma la domanda rimase, sedimentandosi come enigma irrisolto. «Questo interrogativo mi ossessiona da sempre», confessa Enrico Terrinoni, critico letterario e traduttore di Joyce, Wilde, Orwell, tra i protagonisti dell’evento insieme al fisico Giuseppe Mussardo e alla presidente dello Iupap Silvina Ponce Dawson. «Siamo invasi dalla fisica quantistica e la letteratura non può prescindere da questa realtà». Nel suo “La letteratura come materia oscura”, Terrinoni traccia un “parallelo impossibile” tra Einstein e Joyce. «Un testo letterario sarebbe lettera morta senza un lettore che lo fa vivere», argomenta. «Lo stesso accade nella fisica quantistica: solo quando gli oggetti interagiscono se ne vedono le proprietà, che non sono intrinseche ma relazionali».
Fenomeni come l'entanglement diventano metafore per la lettura letteraria, liberandola da interpretazioni deterministiche. Terrinoni ha testato questo approccio studiando l'intreccio tra Joyce e Svevo nella Trieste di inizio Novecento. Giuseppe Mussardo, fisico teorico della Sissa e autore di “Dio gioca a dadi con il mondo”, porta l'esperienza di chi la meccanica quantistica l'ha usata quotidianamente: «Ho vividi ricordi delle discussioni tra fisici come Daniele Amati ed Erio Tosatti e letterati come Paolo Zellini, orchestrate da Magris, che dibattevano sulle opere di Calvino, Musil, Gadda. Ma credo che qualcosa di nuovo sia avvenuto nella letteratura dagli anni 2000 ad oggi».
L'evento, moderato da Paola Catapano del Cern, avrà come protagonista anche l’attrice Sara Alzetta, che commenta: «Il teatro è un esperimento dove l'osservatore modifica la materia in scena: si può dar voce a nuove idee di spazio e tempo». In un'epoca di rivoluzioni, dal quantum computing all’Ai, la domanda diventa cruciale: riuscirà la cultura umanistica a metabolizzare questa nuova visione del mondo? —
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