Pasolini e la sua cara mamma Susanna ritratti inediti di famiglia in un interno

la recensione
Un'intera giornata con Pier Paolo Pasolini. Questo il privilegio toccato a un fotografo, Sandro Becchetti, che nel 1971 viene invitato dal quotidiano "Il Messaggero" a realizzare un servizio fotografico sullo scrittore friulano, riprendendolo in una serie di scatti presso la sua casa romana, nel quartiere dell'Eur, l'appartamento di via Eufrate 9, dove dal 1963 viveva con la madre, Susanna Colussi, e la cugina, Graziella Chiarcossi. Ora quelle straordinarie fotografie vengono presentate per la prima volta tutte insieme in una mostra presso il Centro Studi "Pier Paolo Pasolini" di Casarsa della Delizia. Sull’incontro con Pasolini Becchetti scriverà: «Due occhi gelidi, lo sguardo tagliente come una coltellata. Per un’ora mi snobbò, osservando i miei movimenti e ascoltando senza replicare i miei monologhi. In compenso parlava la madre Susanna, onnipresente come un’ombra nera. Lei, dolente Maria nel "Vangelo secondo Matteo", riponeva in lui forse anche l’amore per l’altro figlio, partigiano bianco fucilato a Porzus dai rossi della Brigata Garibaldi».
Becchetti intuisce e sottolinea così l'importanza per Pasolini della figura della madre, immortalata in alcune delle foto più belle della serie. Durante l’infanzia e l’adolescenza Pier Paolo e il fratello Guido soffrirono dei cattivi rapporti tra il padre e la madre, che spesso sfociavano in litigi; il padre, d’indole passionale, talvolta violento, lamentava che la moglie lo disprezzasse e non lo amasse abbastanza; quando cadeva nelle sue ricorrenti crisi depressive, cercava di uscirne bevendo. La madre, Susanna Colussi, maestra elementare di Casarsa, era più intellettuale e riservata, e il piccolo Pier Paolo stava completamente dalla sua parte. Con lei, del resto, Pasolini manterrà sino alla fine un legame speciale. In una delle foto più suggestive i due si guardano intensamente negli occhi, quasi come innamorati. Vengono alla mente i versi, lucidissimi e insieme assai amari, di una lirica della raccolta “Poesia in forma di rosa” (1964), intitolata “Supplica a mia madre”, in cui Pasolini descrive il rapporto edipico con la figura materna, ma anche tutto il proprio proprio amore, fonte dell’impossibilità di una vita sentimentale appagante: «È difficile dire con parole di figlio / ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. // Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, / ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore. // Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere: / è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. // Sei insostituibile. Per questo è dannata / alla solitudine la vita che mi hai data. // E non voglio essere solo. Ho un’infinita fame / d’amore, dell’amore di corpi senza anima. // Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu / sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù». Se l'amore "spirituale" è completamente assorbito dalla madre, gli altri amori potranno attingere soltanto la dimensione fisica e sessuale («fame di corpi senza anima», appunto). Altri scatti ritraggono Pasolini da solo, mentre legge, pensa, posa con i propri libri. Ad essi vengono accostati nella mostra, in una sezione dal titolo "Gli amici di Pasolini", i ritratti fotografici di alcuni letterati che sono stati vicini allo scrittore nei suoi anni romani: Natalia Ginzburg, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci, Alberto Moravia, Dacia Maraini, Sandro Penna, Giuseppe Ungaretti. Un'altra serie di foto, infine, è quella dei funerali laici di Pasolini, a Roma, a Campo de' Fiori, il 5 novembre 1975, tre giorni dopo l’omicidio avvenuto all'Idroscalo di Ostia. Personaggio singolare, Sandro Becchetti, nato a Roma nel 1935 e scomparso nel 2013. Domatore di cavalli, vignettista, scrittore, falegname, oratore, studioso di arte e di storia, viaggiatore instancabile nelle pieghe del tempo e dei suoi abitanti, fumatore accanito: fotografo per natura. Iniziò la sua attività di fotografo nella seconda metà degli anni '60, documentando la realtà sociale, politica e culturale del nostro Paese per i maggiori periodici, quotidiani ed agenzie di stampa. Ricorda la curatrice dell'Archivio "Sandro Becchetti", e della mostra di Casarsa, Valentina Gregori: «Sandro ci spiazza continuamente, anche la sua biografia lo fa. Nel 1980 decide di tagliare ogni rapporto con la fotografia e tornare alle passioni di sempre: l’arte del legno, la pittura e la scrittura. Prende le distanze dai fermenti della capitale e si trasferisce nelle campagne romane, nelle terre d’origine dei suoi genitori, dove vive insieme ai contadini del posto, impara a lavorare la terra e realizza ogni attrezzo necessario per farlo. Tornerà ufficialmente a fotografare, senza più fermarsi, solo nel 1995». Da queste note biografiche si capisce un possibile motivo di sintonia con Pasolini: l'attenzione alla terra, alla realtà contadina, insomma alle radici. Per Pasolini la terra friulana, dove lui, ragazzo proveniente da una famiglia borghese, conobbe il popolo, quel "proletariato" che incontrerà, in un'altra dimensione, nelle borgate romane, dopo il trasferimento nella capitale nel 1950. Certamente nella carriera fotografica di Becchetti gli scatti pasoliniani rimangono uno dei momenti più alti. —
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