Pensiamo ai sogni che non sono grandi eventi ma incontri nelle librerie e nei rioni di Trieste

Rimane la difficoltà di creare una sinergia fra iniziativa privata e istituzioni pubbliche locali
La ragazza di Trieste (Raimondo Pasin)
La ragazza di Trieste (Raimondo Pasin)

TRIESTE C’è stato un periodo in cui Febe Sillani, bravissima autrice di libri per ragazzi, abitava a qualche passo da casa mia e la vedevo, quasi ogni giorno passare davanti al cancello, a piedi. Ho capito poi che la passeggiata le serviva per concentrarsi, raccogliere le idee e inventare nuove storie. Ho provato così anch’io a rifare, qualche volta, lo stesso percorso ma non m’è venuto mai in mente nulla, né a nessuno dei miei vicini di casa. In un modo un po’ buffo, forse esagerando, mi chiedo se davvero, oggi, esistano dei luoghi e se uno di questi luoghi sia poi Trieste, e non solo perché abbiamo letto Marc Augé, ma perché l’idea dei limiti e del loro superamento, di una forma di globalità, è stato uno dei nodi problematici per la mia generazione, o almeno per me.

E mi pare quasi obbligatorio chiedermi se tutto questo continuo parlare della città come luogo privilegiato, ma in fondo incompreso, non sia un porre confini difficilissimi da tracciare sulla carta (dove inizia e dove finisce una città, la cultura di una città?) ma molto chiari e definiti da immaginare, da avere in mente come una sorta di passepartout. Inoltre, c’è il pericolo che la rivendicazione continua delle magnifiche sorti e progressive, nasconda la polvere sotto il tappeto e diventi sinonimo di un certo provincialismo che fa vedere tutto grande e tutto speciale solo perché usiamo una lente d’ingrandimento particolare, che ingrandisce a dismisura cose piccole.

Perché forse è vero che, dopo Tomizza, è mancato un narratore di alta levatura che abbia saputo mostrare la contemporaneità universale delle particolarità locali, come è avvenuto per altre zone periferiche del paese, con alcune eccezioni doverose, qualche libro di Mauro Covacich, ad esempio, o di Claudio Magris, che appartiene, però, ad una generazione che si è manifestata fra anni ‘50 e anni ’60. Questo non vuol dire che non ci siano buoni talenti, che hanno scritto buonissimi libri, ma a volte, credo, si sconti ancora un lungo periodo di sostanziale chiusura, tra il dopoguerra e gli anni Novanta, direi, in cui, esaurita l’onda lunga della “eccezionalità storica della città”, si è respirato il clima asfittico di una chiusura che ha contribuito, anche qui con lodevoli eccezioni, a tenere la contemporaneità, la possibilità di un confronto quindi, lontana.

Una sorta di strana similitudine fra quanto accadeva per il Porto Vecchio, con le sue grandi potenzialità, che anno dopo anno andava decadendo e altri aspetti della vita cittadina. Insomma, tra quegli ineliminabili ciuffi di polvere che si scoprono sollevando tappeti, vorrei menzionarne almeno alcuni. Il primo la difficoltà, se non l’impossibilità in certi anni di creare una sinergia fra iniziativa privata e istituzioni pubbliche locali. E qui il discorso si farebbe lungo e complesso, ma anche il museo della letteratura, o cosa sarà, che si sta costruendo, cosa lodevolissima, ma non mi è chiaro, quali risorse avrà, quante energie abbia alle sue spalle, perché lo vorrei grande, ricco e, in una parola sola, all’altezza dei tempi.

E poi, ecco ci sono anche i sogni, non vorrei più parlare di grandi eventi in campo letterario, da fare a Trieste, ma solo di piccoli incontri come quelli delle biblioteche, che animano comunità locali, che ricostruiscono pezzi di vita dei rioni, delle periferie dove ci si sposta senza automobile. Perché vedo la letteratura come una cosa concreta, con uno sfondo e un luogo, accidenti una contraddizione, dove svolgerla. In fondo cosa ci aspettiamo da lei, se non ritrovare noi stessi o almeno una nostra parte stampata tra le pagine di un libro o impressa nei caratteri digitali di un testo? E poi è vero, passeggiando vengono delle buone idee, mi spiace solo di non poter più incontrare, uno fra tanti, Livio Sossi, uno dei viaggiatori più immaginifici che io abbia mai conosciuto.

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