Pepe Mujica il presidente sul trattore Kusturica intervista una vita suprema



«Non sapevo nulla dell’Uruguay – spiega Emir Kusturica – Qualcuno mi ha detto: c’è un presidente che guida il trattore. Mi sono detto: devo conoscerlo». Nel film-intervista “Pepe Mujica – Una vita suprema” Kusturica incontra l’ex presidente dell’Uruguay e ne ascolta la vita, le esperienze e i drammi, mostra le sue abitudini in aperto contrasto con quelle dei colleghi: l’esistenza semplice, la cura dei campi, la rinuncia al lusso, la guida dello scassato maggiolino azzurro.

Elementi e prove di un manifesto politico in cui sembra possibile far esistere ideali socialisti in un mondo dominato dal capitalismo.

Kusturica, ad esempio, ci mostra il giorno in cui Mujica, l’1 marzo 2015, rimette il mandato di presidente dell’Uruguay che aveva ricoperto dal 2010, dopo aver ridotto la soglia di povertà del paese dal 25% al 9%. Una vittoria che si deve anche a iniziative personali di Mujica, che aveva dedicato il 70% del suo stipendio ai poveri. In quell’ultimo giorno in carica, una gigantesca folla lo attende in strada in un abbraccio collettivo, 150mila persone che applaudono e piangono. “No me voy – risponde lui – stoy llegando”, ovvero “Non vado via, sto arrivando”, a significare che la militanza continua.

Kusturica alterna schegge di materiali d’archivio all’intervista con Mujica nella sua fattoria alla periferia di Montevideo, che l’ex presidente cura personalmente alla guida del vecchio trattore.

Il rude regista esperto in sarabande zingaresche fuma un sigaro in silenzio davanti a una tazza di “mate”, mentre Pepe racconta l’estrema solitudine di quei tredici anni vissuti in isolamento in carcere, quel drammatico passato di detenuto politico.

L’ex tupamaro viene arrestato dal regime militare nei primi anni Settanta, e insieme ad altri otto compagni del Movimiento de libération viene letteralmente sotterrato in un buco senza luce con l’intenzione di farlo impazzire. Senza quell’esperienza, dice oggi, Mujica sarebbe stato più frivolo, più ambizioso, più vanesio, ebbro di successo. Invece ha scelto la povertà: “Non sono povero, semplicemente il denaro non mi serve, posso fare a meno di tante cose inutili”.

Mujica accompagna il regista di “Underground” in un grande magazzino, il mall Punta Carretas, dove un tempo c’era un carcere da cui evase clamorosamente una prima volta con altri 106 compagni, prima di essere ripreso e tenuto in ostaggio per più di un decennio. È difficile resistere all’oratoria visionaria e utopistica dell’ex presidente. Ne furono conquistati i delegati dell’Onu e anche Obama.

Nel suo film documentario Kusturica inquadra Mujica in una luce diversa dal personaggio strambo e folkloristico dipinto da tanti media nemici.

Ed ecco allora il Mujica umorista, il coltivatore di fiori, che pensa costantemente all’ambiente, che insegna agli studenti come piantare i semi (è stato anche ministro dell’agricoltura).

Il regista ne libera lo spirito penetrante in cerca di un’utopia concreta, fa risaltare i suoi lati di politico-poeta coerente nelle parole e nello stile di vita, di eccentrico filosofo, di outsider perfettamente in linea con gli antieroi del cinema di Kusturica.







Riproduzione riservata © Il Piccolo