Peppe Servillo al Comunale di Monfalcone «La canzone napoletana parla a tutti»

Oggi lo spettacolo del poliedrico artista con il Solis String Quartet in un repertorio di arie classiche  

l’intervista



Qualcuno lo ricorda a Sanremo, nel 2000, quando, con i suoi Avion Travel, vinse il festival presentando “Sentimento”. Ma, nella carriera di Peppe Servillo, non c’è ovviamente soltanto quel momento, per quanto glorioso. Oggi, per esempio, alle 20. 45, con il Solis String Quartet, il poliedrico artista sarà sul palco del teatro Comunale di Monfalcone, alle 20. 45, impegnato in “Presentimento”, che, nel programma della serata, è definito un “omaggio alla canzone classica napoletana”.

Servillo, può definire la “canzone classica napoletana”?

«È quel repertorio tra la seconda metà dell’800 e la prima metà del’900 che ha segnato un’epoca d’oro per espressione e qualità letteraria e musicale, vedendo riuniti alcuni fra gli autori e i compositori più importanti della tradizione napoletana sia di estrazione colta sia di estrazione popolare. Si tratta di una generazione di artisti che spesso hanno lavorato gomito a gomito, figli della tradizione musical-teatrale che proviene dal’600 e dal’700 napoletano e, quindi, con uno spiccato senso del racconto teatrale».

Qual è lo stato attuale della canzone napoletana?

«Nella seconda metà del’900 ci sono stati autori molto importanti, anche espressione del fenomeno cantautorale, come Pino Daniele, Senese con i Napoli Centrale, Enzo Avitabile, ma mi vengono alla mente anche The Showmen di Musella e potrei citarne altri. Oggi, comunque, la canzone napoletana fa propri i linguaggi che provengono da fuori rielaborandoli in una chiave originale e quindi mantenendo sempre un profondo con la tradizione soprattutto attraverso l’esercizio della lingua: infatti, c’è ancora un uso della lingua trasversale tra le classi sociale, che rappresenta un patrimonio comune, condiviso e ciò mantiene forte l’identità della cultura partenopea, permettendole di resistere agli equivoci della modernità più brutale».

Quanto stimava Pino Daniele?

«Moltissimo. Lo reputo uno dei più grandi artisti napoletani che abbiamo avuto di recente, un faro per tutta la mia generazione».

Al di là del suo valore artistico, per quali motivi la canzone napoletana può coinvolgere il pubblico del Nord?

«Un luogo comune confina la canzone napoletana nell’espressione folk più banale, ma quando è riproposta col dovuto rispetto, sollecita anche nella memoria di chi non la ricorda una sensibilità antica, universale. Noi teniamo proprio a risollecitare quella sensibilità viva e vegeta che è presente nel pubblico di tutto il Nord Italia, perché la canzone napoletana ha un respiro universale. Farla arrivare a chi ascolta, dipende da noi interpreti, dal modo che abbiamo di porgerla, senza banalizzarla né volgarizzarla. Si pensi a grandi esperienze come quella della Nuova Compagnia di Canto Popolare di Roberto De Simone e al teatro musicale di Piccinni, di Cimarosa, di Sannazzaro, di Mercadante, tutte tradizioni che sono profondamente radicate nella nostra cultura nazionale. La canzone napoletana è quindi patrimonio di tutti. E poi il popolo del Nord non deve capire fino in fondo l’espressione letteraria delle singole parole, ma il sentimento e per avvertirlo non occorre una competenza specifica: è sufficiente avere un cuore». —

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