Peterloo, la strage degli innocenti voluta dal potere in Inghilterra



L’ultimo, bellissimo film di Mike Leigh non è solo un affresco immersivo nell’Inghilterra di inizio ’800, ma soprattutto la testimonianza di un pezzo nerissimo di storia britannica. Il fatto evocato è il “massacro di Peterloo” del 16 agosto 1819, ovvero la sanguinosa repressione da parte delle autorità inglesi di una manifestazione pacifica di civili a favore del diritto al voto, nella piazza di St. Peter’s Field a Manchester. Al raduno erano presenti intere famiglie armate solo di bandiere e cartelli, preparate a una giornata di festa per chiedere più democrazia: alla fine, sotto le spade della cavalleria, perirono quindici persone innocenti, tra le quali donne e bambini. I feriti furono centinaia: una vera carneficina, che portò i giornali dell’epoca a definire quell’evento “Peterloo”, per accostarlo alla violenza della battaglia di Waterloo. Si era appunto a pochi anni dalla fine della guerra con Napoleone.

Leigh cala subito lo spettatore nel contesto storico: l’Inghilterra è in ginocchio a causa della crisi economica, delle carestie e dei divieti sull’importazione di grano e cereali. Per rappresentare le difficili condizioni del popolo, il regista si concentra su una famiglia delle campagne intorno a Manchester, brava gente che cerca di mettere qualcosa in tavola lavorando a salario ridotto in una fabbrica tessile. Il figlio più giovane, Joseph, ha combattuto a Waterloo ed è sopravvissuto, ma è rimasto segnato dagli orrori della guerra e non riesce a trovare lavoro. Pur non essendo attivisti politici, i famigliari di Joseph cominciano a seguire le assemblee pro-democrazia che si tengono nel loro paesino e si convincono a partecipare alla grande manifestazione indetta a Manchester. Dalla tribuna parlerà uno degli esponenti più affascinanti del movimento per la riforma parlamentare, Henry Hunt, che ha posto il veto assoluto all’uso delle armi e della violenza. I comitati locali si accordano per la protesta pacifica, ma le agitazioni per la democrazia mettono in allarme i centri del potere nazionale, dal grottesco Principe Reggente, che diventerà poi Re Giorgio IV, ai magistrati locali che, per dare un segnale di forza, decidono di inviare la cavalleria a disperdere nel sangue la manifestazione pacifica.

L’intenzione di Leigh non è quella di spettacolarizzare il massacro, anzi. Le scene della repressione sono terribili e di grande impatto emotivo proprio nella loro asciuttezza. A caricare il dramma non sono i dettagli sanguinolenti della carneficina, ma l’attenzione con la quale Leigh illustra le disparità economiche e di vita fra le agiate classi dominanti e la povera, affamata ma dignitosa “working class”. Il messaggio del film è chiaro: nella battaglia per i diritti civili contro l’accentramento dei poteri forti, non ci sono dubbi su chi siano i buoni e i cattivi. Non a caso Leigh ha dichiarato che questa storia risuona ancora in modo inquietante nella politica contemporanea, si direbbe quasi fino alla durissima discussione sulla Brexit di questi giorni. La domanda è: chi ha il potere, al netto dei populismi, agisce davvero per migliorare la vita delle persone? Sul piano formale, “Peterloo” è una sintesi degli aspetti migliori del cinema di Leigh, riunisce la precisione storica della messa in scena di “Turner” e l’urgenza civile di “Il segreto di Vera Drake”.

L’impatto visivo è grandioso: il regista cerca i volti del tempo con sforzo quasi antropologico e la fotografia riesce a dare materia alla polvere, ai cortili umidi, ai belletti. Per Leigh nessun uomo è un numero.





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