Pino Roveredo «Mio padre mi parlava della terra e del mare “cibo della memoria”»

È lo scrittore Pino Roveredo il protagonista della terza tappa del progetto “Ti porto un libro”, format digitale promosso dall’Autorità Portuale di Trieste con Fondazione Pordenonelegge per affiancare, attraverso la messa online di un video racconto, un grande autore e la sua storia dedicata al mare, al viaggio, all’avventura. Oggi, alle 18, sui canali social e YouTube del Porto e di Pordenonelegge e sul sito del Piccolo, Roveredo parlerà al pubblico del capolavoro di Hemingway “Il vecchio e il mare” e anche della “dignità della sconfitta” e del “vivere senza compromessi”, che diventa in sè una vittoria, condividendo con gli ascoltatori anche il ricordo e le parole di suo padre. Il videoracconto è stato realizzato nel cuore di Trieste: da un lato le Rive e i suoi moli, dall’altro il Porto e le sue gru, i container, il carico e scarico di navi che collegano la città ad altri mondi. Prossimo appuntamento con “Ti porto un libro” il 3 gennaio.
Ti porto un libro… Guardo il mare, penso a un libro, e la somma mi regala il ricordo di: “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway e dietro il ricordo di mio padre. L’ho letto quando mi camminava davanti agli occhi e l’ho riletto oggi che mi passeggia nella mente. Anche il mio caro, come il vecchio Santiago, protagonista del romanzo, era convinto che la vita gli avesse assegnato il destino dello sconfitto. Gli avevano tolto l’ascolto, il rispetto, e relegato nella parte bassa delle classifiche. Mio padre mi parlava spesso della terra e del mare, cibo per la memoria, ed io gli raccontavo i libri che leggevo.
La vittoria è il muscolo orgoglioso della vita: c’è chi vince tanto e chi non vince mai, proprio come Santiago, vecchio pescatore di un paesino sul mare di Cuba. Santiago è uno che vive da sempre col destino della sconfitta, e che da più di quaranta giorni ha le reti che non pescano più pesce e per questo è anche marchiato dai compaesani come portatore di “sfiga”. Offesa insopportabile! Ed è per questo che ha assolutamente adesso più che mai, bisogno di quella stramaledetta vittoria, gli serve per salvarsi la vita, per ribaltare il mondo.
E allora Santiago parte, parte verso quel mare che conosce a memoria, goccia per goccia, sa del carattere delle maree, conosce perfettamente gli umori della luna, la luce e i nomi delle stelle e il sussurro della burrasca quando sta per arrivare.
E Santiago parte, con le tasche piene di preghiere e una volta tanto anche l’illusione della fortuna. Quella fortuna che improvvisamente arriva dopo quattro giorni quando riesce ad abboccare Marlin, un pesce lungo più di cinque metri, instaurando con lui una lotta di sopravvivenza: o il vecchio o il pesce. Lotta di tre giorni: il Marlin trascinando la barca fuori rotta e Santiago negli sforzi per trattenerlo, lotta furibonda, fino a quando sanguinante, con l’ultima scintilla in corpo, riesce a conquistare la tanto sognata vittoria, finendo l’avversario esagerato con un colpo di arpione. Eccola, finalmente, la vittoria, la prima della sua vita.
Ma c’è chi nasce per vincere, e c’è chi nasce per perdere.
Sulla via del ritorno, con una luna sbagliata e una burrasca senza rumore, arriva la fame infame degli squali, sono in tanti, arrivano da tutte le parti, ed il vecchio è costretto ad accendere una guerra contro quei ladri di vittorie. Guerra sovraumana fatta di colpi di remo e bestemmie, qualcuno di quegli infami riesce anche ad ucciderlo, gli altri invece continuano a morsicare l’orgoglio e la polpa di pesce. Stremato da giorni di battaglia, Santiago torna al paese con attaccata alla barca una lisca lunga più di cinque metri con attaccato sopra qualche brandello di carne.
Senza muscolo e col viso scavato dal sale e dalla fatica, il vecchio va nella sua capanna e sfinito si addormenta. Si addormenta sognando quella vittoria che giura: è successa, avvenuta, conquistata… ma che il mondo e non gli riconoscerà mai nella vita.
La vittoria non è alzare un trofeo, la vittoria è vivere senza compromessi, vivere con la dignità appesa al petto, vivere la memoria del peggio e del meglio, e vincere una lisca di cinque metri o la forza di ascoltare senza sentire. —
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