«Porto a Trieste l’equilibrio dell’anima»

Giovanni Allevi domani al Rossetti con l’album Equilibrium accompagnato da una selezione d’archi
22/12/2013 Roma, trasmissione televisiva Domenica In,nella foto Giovanni Allevi, musicista
22/12/2013 Roma, trasmissione televisiva Domenica In,nella foto Giovanni Allevi, musicista

La sua musica risponde a un desiderio di suggestione che non necessita di chiavi di lettura, funziona immediatamente ed è per questo che è stata scelta per film, spot, app. Con il suo linguaggio emozionale e la sua capacità comunicativa, Giovanni Allevi è arrivato lontano, anche a livello di riconoscimenti: è diventato Cavaliere al Merito della Repubblica, ha dato il nome a un asteroide, su di lui hanno scritto tesi di laurea. Ambasciatore di cause benefiche, è anche scrittore di successo (con il fortunato “La musica in testa”).

Nei suoi pensieri e nella produzione recente ricorre la necessità di aprirsi a nuove prospettive, dall’album del 2008 Evolution, con i Virtuosi Italiani, a Sunrise, che include anche un concerto per violino e orchestra. Con l’album e la tournée “Equilibrium” ha deciso di dare al suo pianoforte le ali dell’Orchestra Sinfonica Italiana e in questa formazione ritornerà sul palcoscenico del Rossetti di Trieste domani alle 21.

Nell’Equilibrium tra le sue due anime musicali la veste sinfonica è l’amplificazione timbrica e sonora del pianoforte?

«Direi il contrario - risponde Allevi -: ho sempre pensato il pianoforte in termini orchestrali, tanto che per comporre musica non ho mai usato lo strumento. L'equilibrio nella musica è una continua ed irrisolta tensione, dove la forma classica dilatata è il campo di battaglia».

Il suo stile di compositore e musicista conquista le platee ma crea qualche resistenza nel mondo accademico: quali sono state finora le maggiori gratificazioni e quali gli ostacoli?

«Quando compongo un concerto per pianoforte e orchestra o una sinfonia, mi trovo nel vuoto, ossia in una condizione dello spirito che precede qualunque emozione quella musica desterà, qualunque commento. La più grande soddisfazione è scriverla per me stesso e sentire l’affetto del pubblico durante l’esecuzione. Quando compongo però mi limito solo a sognare di eseguirla o dirigerla».

Potremmo dire che è l’emozione il ponte che collega il linguaggio colto e la facilità di fruizione nella nuova “musica classica contemporanea” con la quale definisce il suo stile? Ma come si ottiene?

«Per come la intendo io, la musica classica contemporanea è un gesto di coraggio e condivide con quella tradizionale la stessa difficoltà di fruizione, la stessa complessità formale. Non basta suonare una semplice melodia accattivante al pianoforte per sentirsi immediatamente parte del genere classico contemporaneo. Bisogna avere l'ardire di confrontarsi con le forme estese della tradizione, accettando il rischio di non essere compresi dai più e di essere crocifissi dalla critica per il peccato di lesa maestà».

Quali sono stati i suoi artisti di riferimento negli anni della formazione?

«Sono rimasto stregato dai concerti di Rachmaninov, di Chopin, dai poemi sinfonici di Richard Strauss, dall'opera di Ravel, Prokofiev, Gershwin. E dai melodrammi di Puccini. C'è fuoco ardente anche nei madrigalisti del Rinascimento e nel grandissimo Vivaldi. Davanti alla loro fantasia, il loro coraggio, la musica di oggi mi appare ben confezionata ma spesso tutta uguale».

Come è nata la collaborazione con l’Orchestra Sinfonica Italiana?

«È una formazione modernissima, di nuova concezione. Avevo bisogno di musicisti dal talento unico, già formati nelle più importanti orchestre italiane. Insieme abbiamo sbaragliato le regole della consuetudine, votandoci ormai da anni all'esecuzione di musica nuova. Con loro si condivide ogni volta l'ebbrezza di fare tutti qualcosa per la prima volta. Si respira aria di vero e di etico, tornando all'essenziale, cioè eseguire nuova musica davanti un nuovo pubblico, lontano da ogni orpello retorico o simbolico. Devo dire che i ragazzi dell'Orchestra Sinfonica Italiana sono entrati nel cuore della gente e ai miei concerti iniziano ad essere acclamati come delle star».

Come passa dalla tastiera alla direzione e come vive la convivenza di direttore e autore?

«L'essere compositore è la mia principale attitudine, e passare dalla partitura all'esecuzione al pianoforte o alla direzione d'orchestra è stato inevitabile. Ma devo confessare che veder nascere le mie composizioni mentre sono alla guida di un'orchestra sinfonica, è una gioia da togliermi il fiato».

Cosa ascolteremo nella tappa triestina del suo tour?

«Io e Trieste ci siamo sempre amati. Quindi sono orgoglioso di portare con me, sotto il cielo stellato del Teatro Rossetti, una selezione di archi. Insieme al pianoforte, cercheremo l'equilibrio dell'anima e, una volta trovato, ce ne sbarazzeremo».

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