Potentati economici e sovranismo perversa alleanza che aumenta la frattura fra le classi sociali

Un capitalismo più equo, per evitare le trappole dei populismi e dei nazionalismi. Lo teorizza Raghuram Rajan nelle pagine de “Il terzo pilastro - La comunità dimenticata da Stato e mercato” (Università Bocconi Editore, pagg. 532, euro 29,50). Rajan è uno dei maggiori economisti contemporanei: è stato ai vertici del Fondo Monetario Internazionale e governatore della Banca centrale dell’India, adesso insegna a Chicago e potrebbe essere uno dei prossimi Premio Nobel. Aveva già scritto, con Luigi Zingales, nel 2003, “Salvare il capitalismo dai capitalisti”. E oggi sostiene che lo Stato, con le sue inclinazioni sovraniste e il mercato, con il dominio di potenti gruppi globali nella finanza e nell’economia digitale, hanno creato nuovi gravi squilibri sociali, profonde disuguaglianze. Bisogna tornare alle comunità locali e dare loro poteri e risorse per affrontare i bisogni dei cittadini, anche esercitando bene i meccanismi della sussidiarietà. Un nuovo equilibrio economico e democratico.
Un punto dev’essere comunque chiaro: “Nessun pasto è gratis”, come sostiene Lorenzo Forni, economista all’università di Padova (Il Mulino, pagg. 140, euro 14). Il sottotitolo dice: “Perché politici ed economisti non vanno d’accordo”. Ossessionati dal consenso di breve termine i primi, troppo legati alle dottrine i secondi. Il nodo è il “vincolo di bilancio”. Lo si può aggirare per un po’. Ma poi arriva il conto. E lo pagheranno i più deboli. Forni ricorda i casi di Argentina, Bielorussia e Spagna, sottolinea i limiti di espansione fiscale e protezionismo di Trump negli Usa, nota che la spesa pubblica “in disavanzo, che si paga da sola con la crescita” è “il tentativo moderno del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci” e insiste: la crescita si fa solo con riforme che rendono un’economia più digitale e competitiva, non con la spesa facile, i tagli di tasse in deficit o la stampa senza controllo della moneta. Sì a investimenti in istruzione, ricerca e sostenibilità ambientale. Ma no all’assistenzialismo fondato sui debiti.
Per capire bene, serve dunque ragionare sui dati reali dell’economia, i redditi, i posti di lavoro. Invece trionfa “L’economia percepita”, come scrivono Roberto Basso (Donzelli, pagg. 191, euro 18), esperto di comunicazione e management e Dino Pesole, editorialista de “Il Sole24Ore”. Si discute di “dati, comunicazione e consenso nell’era digitale”, per spiegare come e perché si sia diradato il favore per classi dirigenti e personalità ricche di competenze e come il disagio sociale abbia preferito le ricette facili di populisti e sovranisti invece che le risposte complesse ai conflitti e alle contraddizioni dell’economia globale. Scorciatoie che non portano a nulla di buono. L’invito conclusivo è “alle classi dirigenti perché tornino a essere tali, con la riconquista della coscienza dei propri obblighi verso la comunità”. E ai cittadini che credono nella democrazia “affinché ciascuno acquisisca consapevolezza della differenza tra ignoranza e competenza, tra senso comune e conoscenza scientifica”.
Purtroppo, però, crescono, nei nuovi gruppi dirigenti delle democrazie occidentali, proprio l’incompetenza e il disprezzo per i problemi scientifici e tecnici, con pesanti ricadute politiche e sociali. È “Il quinto rischio”, scrive Michael Lewis, giornalista del “New York Times”, in un nuovo libro Einaudi (pagg. 179, euro 17): “Che cosa succede quando lo Stato è nelle mani d’una classe politica che non possiede le competenze per governarlo”. Le storie raccontate da Lewis riguardano il Dipartimento dell’Energia, uno dei luoghi essenziali per l’economia e la sicurezza e le attività del Dipartimento del Commercio, la maggiore istituzione che raccoglie ed elabora i dati del Paese. Arrivato alla Casa Bianca, Trump non se ne occupa e poi ne affida le responsabilità a uomini d’affari legati agli interessi del suo clan. Mettendo in crisi energia, previsioni del tempo (con effetti gravi sulla sicurezza da tempeste e uragani), statistiche sull’economia, interventi sul clima. Gli incompetenti avidi fanno un grande danno. —
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