Presto anche a Trieste un parco navale sottomarino accanto alla Riserva

Anche Trieste potrebbe avere presto il suo parco navale sommerso, con l’affondamento di una vecchia unità della Marina Militare ai margini della Zona B della Riserva naturale marina di Miramare. Il...

Anche Trieste potrebbe avere presto il suo parco navale sommerso, con l’affondamento di una vecchia unità della Marina Militare ai margini della Zona B della Riserva naturale marina di Miramare. Il progetto è stato messo a punto dalla Trieste Sommersa Diving, che ha tra i suoi obiettivi proprio la tutela e la promozione del Golfo di Trieste. Tra le unità dismesse individuate in accordo con la Marina per diventare relitti visitabili ci sono la corvetta Airone, classe Abatros, tra le prime unità navali costruite in Italia nel dopoguerra, la nave appoggio Pietro Cavezzale, acquistata dagli Stati Uniti nel 1957, la corvetta Todaro, i dragamine Bambù e Mogano. Il progetto prevede che fra questi mezzi ne venga scelto uno che fungerà da prototipo: la nave, dopo essere stata preparata e bonificata, verrà affondata a meno di venti metri di profondità ad uso dei turisti subacquei, che in Italia sono circa 700mila, e dei ricercatori, per monitorare l’evoluzione della flora e della fauna che si svilupperanno sul relitto. Insomma un progetto che, come sta dimostrando l’affondameto del Vis in Croazia, può essere un volano di sviluppo per il binomio turismo-ambiente: «Con questo progetto - dice il presidente della Trieste Sommersa Diving - Roberto Bolelli - vogliamo legare gli aspetti storici, turistici ed ecologici di Trieste e dintorni con il coinvolgimento di altre realtà come l’Acquario marino e il Museo del mare». Considerando il fatto che il golfo di Trieste non è ancora molto appetito dai turisti subacquei, che visti i suoi fondali bassi e sabbiosi preferisce la vicina Croazia, il Parco navale sarebbe un indubbio polo di attrazione per un turismo tutt’altro che di nicchia. Ma a che punto è il progetto? «Il progetto è avanzatissimo - risponde Bolelli -, sono terminate le fasi di studio sia per la parte tecnica che per quella delle normative ambientali e per quelle concernenti la concreta possibilità di ottenere fondi europei per la realizzazione dello stesso». «Abbiamo voluto fare uno studio particolarmente accurato - aggiunge Bolelli - perché essendo questo un progetto pilota in Italia, vorremmo sviluppare il know how per poi ripeterlo anche in altre parti del mar Adriatico che ben si presta, per la tipologia dei fondali, a un recupero ambientale e al ripopolamento ittico grazie all’uso di reef artificiali come sono i relitti; insomma è prima di tutto un progetto a favore dell'ambiente, sotto ogni punto di vista».

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